Dal primo all’ultimo dei suoi dischi, dal titolo Kombat Rap (Time 2 Rap, 2023), Francesco “Kento” Carlo si è sempre distinto nell’articolato mondo dell’hip-hop e rap italiano, in particolare quello definito di seconda generazione, affermatosi nel corso degli anni Novanta nel nostro Paese.

Dopo oltre dieci album e più di mille concerti, Kento da un decennio si dedica anche a un intenso lavoro laboratoriale all’interno dei carceri minorili. Laboratori che naturalmente hanno a che fare con il rap, con la scrittura di versi, di “barre”, come titola il suo libro edito nel 2021 da Minimum fax, e che raccontano un mondo pressoché sconosciuto, malgrado se ne parli molto, di certo spesso a sproposito, dato che “dietro ai numeri ci sono delle persone, da una parte e dall’altra”.

In questa videointervista Kento ribadisce ancora una volta l’esigenza di incontrare questi ragazzi in forma diversa, tentando di comprendere e valutare la componente umana di chi ha sbagliato, ma che spesso è costretto a sbagliare dalle circostanze della vita.

Una vita vissuta ancora troppo poco per potersi assumere ogni responsabilità, ogni colpa, laddove responsabilità e colpe andrebbero cercate nelle scelte e nella gestione di tali scelte da parte di un mondo, quello degli adulti, la cui risposta al momento sembra essere soltanto il rafforzamento della repressione, senza pensare al “lavoro sul sociale”, lasciando da parte la possibilità di un recupero, di misure alternative, di una “ri” o “neo” educazione.

“Un approccio disastroso”, ci dice Kento, forse perché per un progetto virtuoso a favore dei minori in carcere servirebbero troppi soldi, o forse troppa fatica.