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Questa è la quarta tappa di un viaggio, che ci auguriamo non breve, tra storie di inclusione, resistenza e disobbedienza civile. Storie di persone, istituzioni, associazioni e sindacati che compongono un'Italia diversa. Perché a fare da contrappeso al razzismo strisciante che trapela dalla comunicazione e dagli atti istituzionali del governo giallo-verde non c'è solo l'accoglienza stroncata a Riace. C'è anche un'Italia che resiste, giorno dopo giorno, all'odio contro i migranti riversato sui social network da migliaia di account, veri o falsi che siano. Un'Italia che dice no. Un pezzo di Paese che spesso non ha voce, che non trova quasi mai spazio nei talk show televisivi, nei “trend topics”, o sulle prime pagine dei quotidiani. Eppure c'è, e si dà da fare. Sempre nel rispetto dei princìpi della Costituzione.
Prima tappa: Saluzzo, la stagione dell'integrazione
Seconda tappa: Catania, la casa dei migranti
Terza tappa: Ventimiglia, a scuola di accoglienza
Era il 24 ottobre 2016, quando un un gruppo di abitanti di Goro, paesino di poche anime sulle sponde limacciose del Delta del Po, in provincia di Ferrara, eresse una serie di barricate con bancali e barili appositamente trascinati dal porto. Obiettivo: bloccare le vie di accesso a due pulmini che trasportavano 12 donne e otto bambini diretti all’ostello Amore-Natura, individuato dal prefetto per ospitarli nell’ambito del programma di accoglienza richiedenti asilo. Dopo una nottata carica di tensione, le autorità decisero di cambiare destinazione per quei profughi, scegliendo un altro alloggio in un paese vicino. La notizia non passò certo sottotraccia. Tra gli altri, ne parlarono in tv l'allora presidente del Consiglio Renzi e il ministro dell'Interno Alfano, mentre l'immancabile Matteo Salvini, attraverso il proprio account Twitter (non ancora ministeriale), colse l'occasione per assicurare il suo appoggio incondizionato ai barricadieri. Dopo circa due anni e mezzo, il 18 marzo 2019, l'inviato di Striscia la notizia, Vittorio Brumotti, impenna con la sua bici sulle mura rinascimentali dello splendido centro di Ferrara, riconosciuto dall'Unesco come patrimonio dell'umanità. Da lì l'ex campione di bike trial s'invola, seguito a vista dalle telecamere di Canale 5, verso la stazione in cerca di spacciatori africani. La scena si conclude con una vera e propria caccia all'uomo su due ruote e in soggettiva, con tanto d'arresto in diretta prima della sigla di chiusura. Nel frattempo, nel febbraio 2018, l'inviato de l'Espresso Fabrizio Gatti s'era già infiltrato nelle piazze di spaccio ferraresi per raccontare “degrado” e “solitudine”, “nella cintura della città dove italiani e immigrati lottano tra loro per ottenere una casa popolare”. E che, anche a causa della famigerata mafia nigeriana, “diventa metafora di un'Italia dimenticata”.
Interviste alle profughe respinte a Goro (fonte: occhioaimedia.org)
GAD: GRAVITAZIONE ALLARMISMO DESTRE
Oltre il chiasso e i riflettori del circo mediatico, sul fondo, e sempre più sfocati, restano i mattoni e le torri dell'antico borgo costruito dagli Este e famoso per le sue biciclette, gli ampi spazi, e soprattutto per la qualità della vita che si gode nella placida provincia emiliana. Allora viene da chiedersi: cos'è successo negli ultimi anni a Ferrara? “La nostra città è viva, piena di storia e di cultura, ed è ancora qui. Solo che ora è sepolta dalla propaganda e dall'odio. Negli ultimi tempi si respira una tensione sempre più alta, creata ad arte per dividere le persone”. A rispondere è Adam Atik, presidente dell’associazione “Cittadini del mondo” che, con la Cgil locale, l'amministrazione comunale di centrosinistra, altre associazioni, comunità di immigrati e semplici cittadini, ha messo in piedi “Ferrara che accoglie”, un tavolo permanente che ha come obiettivo proprio quello di rendere l'inclusione dei migranti nel territorio “la migliore possibile”.
"Ferrara è è sepolta dalla propaganda e dall'odio. Una tensione che divide le persone”
Compito che, viste le premesse, appare sempre più arduo. Anche perché, da queste parti, il rancore sembra crescere a vista d'occhio. Soprattutto alla Gad (Giardino-Arianuova-Doro), il quartiere non distante dalla stazione e dallo stadio, passato nel giro di qualche decennio dall'essere dimora della Ferrara-bene a suburbio multietnico a forte rischio sociale.
Il grattacieli gemelli della Gad (fonte: Museo Ferrara)
I due enormi grattacieli gemelli che sovrastano il parco attorno al quale sorge la Gad, in effetti, negli ultimi tempi sono diventati un polo gravitazionale irresistibile per tutte le sfumature della destra nostrana, sempre più impegnate a sbandierare lo spauracchio della mafia nigeriana. Tra febbraio e marzo i neofascisti di Forza Nuova hanno organizzato due “passeggiate per la sicurezza” alla presenza del segretario nazionale Roberto Fiore, per “rilanciare la sfida agli spacciatori, ai buonisti a nulla, ai centri (dei disagi) sociali, ai predicatori d’accatto”.
Al Gad hanno manifestato Forza Nuova e Fratelli d'Italia, Salvini ha twittato ma non s'è visto
In occasione di alcuni disordini scoppiati qui a febbraio, è anche arrivato il solito tweet di Salvini su una “notte di guerriglia” messa in atto da “bande di nigeriani”, che rilanciava le immagini girate dal segretario della Lega locale Nicola Lodi (un tale che sulla sua pagina Facebook ufficiale, tra foto di ruspe e dirette video, non perde mai l'occasione di pubblicizzare la propria ricetta per la sicurezza cittadina: “il metodo calci in culo”). Il ministro degli Interni ha anche assicurato la sua presenza di lì a poco per “mettere a posto le cose”, anche se ad oggi non s'è ancora visto. Il 10 marzo, poi, pure Giorgia Meloni ha deciso di spingersi fin qui, per sfilare in testa al corteo organizzato da Fratelli d’Italia e chiedere ancora una volta “tolleranza zero”. Parole che ormai si ripetono a intervalli regolari, da diversi anni, ma pronunciate sempre dalla stessa parte, sempre dalle stesse bocche.
LE PAROLE SONO PIETRE
“Siamo in periodo pre-elettorale (a Ferrara per le comunali si vota a maggio, insieme alle europee, ndr) e ora le parole diventano più importanti", commenta ancora Atik, che con la sua associazione ha messo in piedi ‘Occhio ai media’, un sistema di monitoraggio delle notizie sulla stampa locale relative all'immigrazione. “Analizziamo e cataloghiamo tutti gli articoli sui migranti pubblicati su La Nuova Ferrara, estense.com e Il Resto del Carlino, in base alle categorie della Carta di Roma: criminalità, politica, economia, società e cultura. Ne esaminiamo anche il tono, se appare neutrale, allarmistico o rassicurante”.
"Sulla stampa locale gli articoli su immigrazione e crimine sono stati il 64% del totale"
Il monitoraggio è iniziato il 1° febbraio e i primi risultati sono stati resi noti il 12 marzo scorso. Il dato più interessante riguarda il fatto che sulla stampa ferrarese gli articoli sull'immigrazione che riportano fatti criminosi sono stati il 64% del totale. Più del doppio della media nazionale. “Una cifra enorme – continua Atik – che dimostra quanto da queste parti si diano notizie sui migranti quasi esclusivamente in relazione a fatti di cronaca nera. E spesso con un tono molto allarmistico. Soprattutto si parla di Gad e di comunità nigeriana, che ormai da tempo è sotto attacco”.
(fonte: occhioaimedia.org)
“Sono qui da 17 anni, da 13 vivo in un condominio, e non ho mai avuto problemi con nessuno – conferma Evelyn Aghom, esponente della comunità nigeriana di Ferrara –. Ultimamente, però, le cose sono cambiate. C'è rabbia in giro, alimentata da quello che si vede nei telegiornali e che si legge sui giornali. Quando sono arrivata i miei figli erano piccoli, ma adesso sono cresciuti. Vanno in giro da soli, e io sono preoccupata. I miei connazionali mi dicono che da qualche tempo hanno addirittura problemi a trovare appartamenti in affitto. E poi a scuola vengono letti i giornali ai bambini. E i nostri figli si trovano a dover commentare con i compagni articoli che parlano solo di crimini commessi dai neri. Così subiscono delle vere e proprie umiliazioni. La gente non ci conosce, ma ci etichetta per colpa di pochi delinquenti”.
DATI DI FATTO
Dati ufficiali alla mano, in effetti, il nesso tra immigrazione e criminalità tanto sbandierato dai media locali non regge. Secondo l'anagrafe, a fine 2018, i migranti residenti a Ferrara erano 14.164, il 10,7% della popolazione. Nell'intera provincia, invece, erano 31.638, pari al 9,1%. Pur trovandosi nel cuore di un territorio primo in Italia per presenza di stranieri, insomma, a Ferrara gli immigrati sono pochi. Ben al di sotto della media regionale del 12,1%, e parecchio più in basso rispetto alla capolista Piacenza con il 14,4%. La tanto bistrattata comunità nigeriana, tra l'altro, non conta più di 1.000 persone in città, ed è solo quarta dopo i rumeni, gli ucraini e i marocchini. Sul fronte della criminalità le cose non cambiano. Una recentissima analisi commissionata dall'amministrazione comunale dimostra come Ferrara presenti “una situazione oggettivamente più positiva di altri territori”. Stando alle denunce, il totale dei reati è “inferiore a quello sia degli altri singoli comuni capoluogo che della media dell'intero territorio regionale”. Questo vale tanto per gli scippi, quanto per reati violenti e rapine. Il totale dei reati, tra l'altro, “è diminuito del 9% nell'ultimo decennio”.
Eppure la propaganda anti-migranti pare aver già prodotto i suoi effetti. A fronte di una situazione oggettiva che non presenta emergenze, le opinioni raccolte tra i cittadini descrivono una città “complessivamente molto spaventata e preoccupata” soprattutto dalla criminalità, che viene ritenuta “il problema più grave” dal 20% dei ferraresi. Molto più di quanto non accada negli altri capoluoghi. Qui, poi, si registra un'enorme disinformazione sul numero dei reati: 4 cittadini su 10 pensano che siano aumentati, altri 4 che siano rimasti stabili. L'analisi del Comune, quindi, conferma che esiste “un forte condizionamento culturale sul sentimento di sicurezza, dovuto probabilmente alle campagne di stampa, alla presenza di un luogo con cattiva reputazione (leggi Gad, ndr), che influenza la collettività”. Sull'immigrazione, poi, “emergono opinioni preoccupate e negative”: il 17% degli intervistati ha indicato nei migranti “il problema più importante della realtà contemporanea”. Il tutto, in un territorio in cui il disagio sociale è ai minimi termini. L’Emilia Romagna è una delle regioni italiane con la più bassa incidenza di poveri (4,8%), preceduta soltanto dalla Lombardia (4,6) e seguita dal Veneto (4,9).
"Questo è un esempio, in piccolo, di quello che succede a livello nazionale”
“La Gad è un quartiere che ha dei problemi, questo è indubbio – commenta Chiara Sapigni, assessore a Sanità, Servizi alla persona e Politiche familiari del Comune di Ferrara –, ma le forze dell'ordine fanno il loro lavoro e abbiamo messo in campo anche opere di riqualificazione territoriale che stiamo continuando a promuovere. Abbiamo cercato in ogni modo di diffondere i dati che abbiamo raccolto per chiarire che a Ferrara la criminalità non è un'emergenza, ma purtroppo molti sono già caduti nella trappola della propaganda. Chi semina intolleranza ha trovato un grosso riscontro nella cronaca locale e nel sentire comune”. “Ferrara – ci racconta poi Francesca Battista, segretaria confederale della Cgil locale – è un esempio in piccolo di quello che succede, più in grande, a livello nazionale. Si vuole rappresentare un Paese e una città sotto assedio, addirittura invocando l'aumento della presenza militare in città. Le destre continuano a infiammare l'odio. La soluzione, però, non è certo militare. Vanno repressi i crimini, non le comunità migranti”.
L'ALTRA FERRARA, QUELLA CHE ACCOGLIE
Ecco perché il tavolo ‘Ferrara che accoglie’ è diventato nel corso degli anni un fondamentale presidio di democrazia e di resistenza da queste parti. Nato nel settembre 2015 con la ‘Marcia delle donne e degli uomini scalzi’, che ha richiamato migliaia di persone per chiedere un cambio di rotta sulle politiche migratorie europee, ha preso forza come reazione concreta ai fatti di Goro del 2016. E ha poi continuato a crescere. Oggi promuove giornate di incontro, culturali, politiche e sportive, chiamando a raccolta l'altra Ferrara, quella che vuole includere e integrare le persone nel tessuto sociale cittadino.
"Ferrara che accoglie è nata nel 2015, ma ha preso vigore dopo i fatti di Goro del 2016"
“Ferrara non è nuova a queste esperienze – ricorda ancora Francesca Battista –. Già nel 2001 dopo il G8 di Genova nacque il ‘Forum della pace’, un'esperienza straordinaria che ha chiamato a raccolta tutte le realtà associative del territorio. Poi quello slancio è man mano venuto meno, ma è ripreso con forza per rispondere concretamente all'odio e all'intolleranza che crescevano giorno dopo giorno”. “Con le nostre iniziative – continua – diamo anche visibilità alla cultura e alle tradizioni delle comunità migranti, proprio per mostrare ai ferraresi chi sono veramente queste persone oltre gli stereotipi e i luoghi comuni”. Nel 2018, tra l'altro, a questa rete associativa si è aggiunto un altro tassello: la ‘Rete per la pace’, che a giugno ha portato in piazza circa 50 associazioni “per guardare oltre, per tornare a ragionare sui problemi che affliggono l'intero pianeta”.
Una delle iniziative di Ferrara che accoglie (fonte: cittadinidelmondo.org)
“Abbiamo sostenuto la nascita di ‘Ferrara che accoglie’ sin dall'inizio – spiega l'assessore Sapigni –. Oggi è un tavolo dinamico, molto flessibile, perché si allarga di volta in volta a seconda delle esigenze, per accogliere le specificità di tutti coloro che possono dare un contributo. Il Comune partecipa ma non è più promotore. Ora l'accoglienza a Ferrara cammina con le sue gambe”. “Questa città – afferma ancora Adam Atik – viene rappresentata solo attraverso il disagio che si vive in alcune zone. Noi non ci stiamo, perché Ferrara è molto più di questo. La questione non è tra l'essere o non essere buonisti, ma è tra l'essere o non essere umani”.
"Vediamo intorno a noi solo macerie, ora ricostruiamo legami"
“Come in ogni città – dice ancora Francesca Battista – in alcuni quartieri ci sono problemi di criminalità, e c'è anche un aumento preoccupante del consumo di droga tra i giovani. Ma sono problemi che vanno affrontati seriamente, non strumentalizzati solo per qualche voto in più. Noi vogliamo tornare a essere una città migliore di quella che viene raccontata, vogliamo costruire un futuro diverso. Vediamo intorno a noi macerie, quindi dobbiamo ricostruire legami”. “La Cgil e le altre associazioni ci aiutano molto – conclude Evelyn Aghom –, ma bisognerebbe entrare nella testa della gente. I giornali lo fanno, ma per dare di noi un’immagine sbagliata. È necessario fare la stessa cosa in senso inverso. L'inclusione va messa in pratica sempre, giorno per giorno”.