PHOTO
Cresce il fronte della protesta contro il cosiddetto “Decreto sicurezza”. Sono state diverse le manifestazioni che in questi giorni hanno attraversato le strade delle città italiane, alcune regioni (Toscana, Piemonte, Umbria e probabilmente Lazio e Calabria) hanno invece deciso di ricorrere alla Consulta per chiedere se il testo fortemente voluto dal viceministro Matteo Salvini sia costituzionale o meno. Alcuni sindaci hanno poi deciso di non applicarne alcune parti nei propri territori (Palermo, Napoli e Firenze). “La Cgil, quando quel decreto venne portato in Consiglio dei ministri, disse chiaramente che era un testo che avrebbe fatto aumentare l'insicurezza - afferma, ai microfoni di RadioArticolo1, il segretario nazionale di Corso d'Italia Giuseppe Massafra - quella legge ha forti dubbi di costituzionalità perché interviene su materie di competenza delle regioni e delle amministrazioni locali.”
Ma il decreto sicurezza, per Massafra, è anche “profondamente ingiusto”, e “aumenta di fatto la condizione di clandestinità”. Si tratta, dunque, di una norma che “una volta applicata mette fortemente in difficoltà le amministrazione locali”. Per questo la scelta delle regioni di impugnare presso la Consulta il decreto appare come “una decisione importante, del tutto condivisibile e in linea col nostro pensiero”. Così come condivisibile è la scelta dei sindaci di non rispettare alcuni dispositivi del testo, “per favorire il rispetto di una fonte di diritto molto più importante che è la Costituzione”.
Quello messo in atto dalle amministrazioni locali, per la Cgil è infatti “un passaggio importantissimo”, non solo perché “rimette in discussione una legge ingiusta”, ma anche perché “costruisce e favorisce una rappresentazione complessiva dei rapporti istituzionali sulla gestione del fenomeno migratorio”. L'immigrazione, di fatto, viene ormai utilizzata solo come “una spada di Damocle” attraverso la quale “ottenere consensi ed esercitare propaganda”, invece si tratta di “un fenomeno da affrontare con politiche serie”. Per questo la Cgil vuole “lavorare assieme agli amministratori locali, e garantire come organizzazione sindacale il sostegno necessario alla gestione concreta della concessione dei diritti di cittadinanza, mettendo a disposizione le nostre strutture per favorire questi processi”.
A Firenze, tra l'altro, il comune ha istituito un tavolo permanente di confronto con alcune organizzazioni per gestire gli ospiti del progetto Sprar, che oggi si trovano in una situazione di incertezza. “Un'esperimento importante - continua Massafra - perché la legge oggi indebolisce un sistema virtuoso, rendendo più complicate le procedure di riconoscimento del diritto d'asilo”. Lo Sprar finora “aveva favorito processi di integrazione molto più gestibili da parte dei comuni”, che ora non sono più garantiti. “Così come non sono garantiti i posti degli operatori che ci lavorano”. Il sindacato sta quindi cominciando a gestire grandi vertenze come quella del Cara di Mineo, in Sicilia, dove il decreto sicurezza “sta mettendo in discussione un migliaio di posti di lavoro, fra diretti e indotto”. Quello dello Sprar, tra l'altro, continua ad essere “il sistema più efficace per favorire l'integrazione, ed evitare la clandestinità. Cioè per evitare sacche di povertà che poi alimentano le organizzazioni criminali.” La difesa di quel sistema però è “anche difesa dell'occupazione che lo Sprar generava”.
Intanto ci sono 49 uomini, donne e bambini che stazionano sulla Sea watch e sulla Sea Eye, due navi in mezzo al mare al largo delle coste di Malta che non trovano approdo. “Dobbiamo concretizzare tutta l'indignazione che generano episodi come questo - ha concluso Massafra - perché i governi continuano a utilizzare l'immigrazione per costruire propaganda, giocando con la vita delle persone. È assolutamente inaccettabile, l'accanimento su alcune situazioni non è altro che uno specchietto per le allodole. Questo braccio di ferro tra i governi non ha alcun senso. Perché su questi argomenti sta naufragando il senso stesso della costruzione dell'Europa dei popoli”.