Anche un “carcere modello” come quello di Bollate (Milano) non è esente da aggressioni tra detenuti o al personale di polizia penitenziaria. Nel caso in questione, domenica scorsa, 3 febbraio, attorno alle 22, ad essere aggredito con lamette e una forbicina è stato un agente, poi imbavagliato e rinchiuso in cella. Mentre i due detenuti autori dell’atto aprivano con le chiavi sottratte al lavoratore le altre celle, intenzionati ad affrontare un altro detenuto.

A raccontare l’episodio Giuseppe Di Raimondo, agente di polizia penitenziaria del carcere milanese. “I due uomini, in isolamento, avevano chiesto di essere portati in infermeria, e poi al ritorno hanno agito l’aggressione contro il collega” afferma il delegato Fp Cgil. Sottolineando come la domenica pomeriggio ci siano poco più di una ventina di agenti a vigilare su circa 1.200 detenuti. “A riportare l’ordine è stato un poliziotto di un reparto adiacente che si è accorto della situazione, anche grazie alle urla del collega imbavagliato”.

“A Bollate, a differenza di tanti altri istituti penitenziari, non c’è un problema di carenza di organico rispetto agli agenti assistenti, mentre, come per il resto delle altre carceri lombarde, la carenza è del 60-70% di sottufficiali - sostiene Calogero Lo Presti, coordinatore polizia penitenziaria Fp Cgil Lombardia -. Il problema a Bollate è soprattutto organizzativo, va ripensata la gestione dei lavoratori se si verificano criticità a loro danno in alcuni giorni. E poi, per la salute e sicurezza di tutti, agenti e detenuti, vale anche qui il detto: prevenire è meglio che curare”, aggiunge il sindacalista.

Per Cesare Bottiroli, segretario Fp Cgil Milano, “per rispondere al dettato costituzionale le carceri devono essere luoghi per rieducare i detenuti. Luoghi di sicurezza e legalità. Luoghi dove preservare la dignità della persona. E persone sono anche le lavoratrici e i lavoratori che vi operano e che hanno il diritto alla loro salute, sicurezza e incolumità psico-fisica. Di tutto questo, in una visione di sistema, non si dovrebbe scordare mai per prima l’amministrazione penitenziaria. Il segnale che arriva da un carcere avanzato come quello di Bollate purtroppo non è un bel segnale e bisogna quanto prima intervenire”.

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