Canoni insostenibili perché troppo alti rispetto ai redditi, case popolari senza manutenzione da anni, mercato dell’affitto bloccato soprattutto nelle grandi aree metropolitane, nonostante la vasta disponibilità di alloggi che però restano vuoti. A distanza di cinquanta anni dalla fondazione del Sunia, il sindacato degli inquilini e degli assegnatari di edilizia pubblica federato alla Cgil, poco o nulla è cambiato sul fronte dei problemi dell’abitare in Italia. Le difficoltà delle famiglie e dei lavoratori sono più o meno le stesse, mentre lo Stato si trova ancora nell’impossibilità di garantire un alloggio dignitoso a tutti.

Un piano casa, come 50 anni fa

“Proprio come in quegli anni è necessario un piano casa per l’edilizia pubblica – sostiene Stefano Chiappelli, segretario nazionale del Sunia, che il 6 dicembre festeggia mezzo secolo di attività e di lotte con un’iniziativa che si tiene a Roma, all’auditorium Antonianum, una mostra fotografica itinerante e un libro -. Negli anni Settanta e Ottanta furono varate le grandi riforme, la legge sull’equo canone, quella sul regime dei suoli, frutto della collaborazione tra i partiti di maggioranza e di opposizione, che avevano l’obiettivo comune di dare una risposta alle migliaia di famiglie bisognose di una casa popolare. Oggi quei temi, non certo con la drammaticità di quei tempi, si ripropongono tutti”.

Governo in direzione opposta

E invece il governo va nella direzione diametralmente opposta. Nessuna misura urgente è prevista nel decreto Aiuti 4, niente sembra esserci nella legge di Bilancio, solo l’aiuto ai giovani per l’acquisto della prima casa con mutui agevolati. Intanto però la crisi abitativa si acuisce. Dopo il blocco dovuto alla pandemia, nel 2021 è stata registrata una netta ripresa degli sfratti emessi e delle esecuzioni, ma il peggio deve ancora venire: per quest’anno secondo le previsioni (i dati ufficiali del ministero dell’Interno non sono stati ancora rilasciati) si sarebbero superati i livelli pre-Covid e per il 2023 ci si aspetta un ulteriore aggravamento.

Bollette alle stelle

Anche perché con l’aumento delle bollette le famiglie hanno difficoltà a pagare i canoni. E non stiamo parlando delle fasce a basso reddito, per le quali è prevista in Manovra qualche agevolazione, ma di quelle con stipendi medi. “Fino a qualche mese fa alle nostre sedi si rivolgevano i cittadini che dovevano fare domanda di casa popolare o del contributo per il sostegno all’affitto – aggiunge Chiappelli -. Con l’impennata dei costi energetici si rivolgono a noi per sapere se ci sono bonus per luce e gas. È una situazione che va assolutamente affrontata, bisogna intervenire con aiuti alle famiglie, introdurre meccanismi che impediscano il distacco dei servizi essenziali”.

Inflazione, canoni in aumento

Altro capitolo, l’inflazione. I contratti di locazione stipulati senza l’opzione della cedolare secca sono soggetti al cosiddetto adeguamento Istat, cioè ogni anno vengono riparametrati in relazione al tasso di inflazione. Tradotto, rincari tra l’8 e il 10 per cento: 50 euro in più al mese per un affitto di 500 euro. Per chi invece deve rinnovare il contratto sarà un vero salasso. Stando alle analisi delle società di intermediazione immobiliare, nelle otto principali città metropolitane (Milano, Roma, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Torino), i rinnovi rischiano di generare aumenti medi del 25,6 per cento.

Fondo senza risorse

“Il canone incide per il 35-40 per cento sul reddito di una famiglia, ma con l’aumento dell’inflazione e dei costi energetici sta diventando insostenibile – afferma Chiappelli -. La politica deve fare molto di più, quello che sta facendo non è sufficiente. I 20 miliardi del decreto Aiuti per i costi energetici non bastano, oggi il 10 per cento dei nuclei si trova in una situazione di povertà energetica. Senza contare che non un solo euro è stato destinato al fondo per il sostegno all’affitto”.

L’anno scorso per fare fronte alle difficoltà derivate dalla pandemia si era arrivati a un finanziamento di 330 milioni di euro, il Sunia aveva chiesto 200 milioni per il 2023. Ma lo zero messo in Bilancio crea un vuoto che lascia scoperti gli inquilini e i proprietari.  

“Chiediamo una grande riforma delle politiche abitative pubbliche, un netto incremento del patrimonio pubblico di edilizia popolare e agevolata che aumenti l’offerta di alloggi sul mercato – conclude Chiappelli -. Purtroppo l’attuale governo, come d’altronde anche i precedenti, sembra ignorare la grave emergenza del nostro Paese. Per questo aderiremo alle iniziative territoriali di mobilitazione al fianco della Cgil per cambiare una legge di Bilancio sbagliata”.