La storia che vi raccontiamo è una di quelle storie che da un mese, su e giù per l’Italia, si sta ripetendo migliaia e migliaia di volte. Il perno intorno al quale ruota è una scuola elementare di Roma, in zona San Giovanni. Una storia in cui le vittime sono molte, ma il colpevole è decisamente uno solo: il sistema. È una storia di ordinaria follia, meglio, di ordinaria pandemia. Che inizia tra i banchi di scuola e finisce tra le mura domestiche.

Venerdì 9 ottobre la mamma di un alunno di quella scuola, dopo aver accusato i sintomi caratteristici del virus ed essersi testata, riceve la comunicazione ufficiale di positività al covid. All'istante attiva il protocollo del buon senso e, ancor prima di informarsi sulle procedure ufficiali, avverte via chat tutti i genitori dei compagni di classe del figlio e telefona alla dirigente scolastica nominata referente covid. Il sabato manda suo marito, il bambino e suo fratello, in età da scuola media, a fare il tampone al drive in dell’Ospedale San Giovanni.

In attesa del responso del bambino, la chat dei genitori entra in fibrillazione. La posizione ufficiale dell’istituto è chiara – e non potrebbe essere altrimenti –: senza una positività accertata dello studente l’assenza dei vostri figli non potrà essere considerata isolamento domiciliare. Il fronte della classe si spacca: 17 famiglie su 19 il lunedì successivo, 17 ottobre, tengono a casa i propri figli. Le altre due, non avendo alternative, li mandano a scuola. Le maestre, obbligate fino all’esito del tampone dell’alunno a recarsi al lavoro, incrociano le dita.

Mercoledì 14, al terzo giorno di vuoto in classe, se si eccettua la presenza dei due bambini, arriva la notizia temuta: il tampone del loro compagno è risultato positivo al covid. Così come quello del fratello e del padre. Tutta la famiglia è ufficialmente ammalata.

Nella stessa giornata (mercoledì 14) la scuola dirama una circolare che mette in quarantena l’intera classe: dieci giorni a partire dall’ultima presenza. Scadrà oggi, 23 ottobre, il periodo di isolamento. In ognuna delle 19 case coinvolte – più quelle delle maestre – comincia una lunga attesa per una comunicazione della Asl che arriverà soltanto dopo molti giorni. “Non sappiamo se la Asl abbia comunicato con la scuola, ma sappiamo per certo che fino a lunedì 19 la referente covid della scuola ha tentato decine di volte di contattare telefonicamente l’azienda sanitaria locale senza che mai una volta qualcuno rispondesse anche soltanto al telefono”. Le domande che avrebbe rivolto al dirigente sanitario erano quelle che verrebbero in mente a tutti: quando farete i tamponi? E dove? Forse presso lo stesso istituto, visto che all’inizio della vicenda alla rappresentante di classe era stato detto dalla referente covid che i tamponi li avrebbero fatti a scuola e che questo è già successo in situazioni analoghe a Roma?

La comunicazione sui tamponi arriverà, infine, solo al nono giorno di isolamento (ieri), quando ormai si erano perse le speranze, molti avevano già fatto tamponi a pagamento (e da quello che hanno capito saranno tenuti a rifarlo) e la referente riteneva molto probabile che la Asl avrebbe prorogato la quarantena fino a lunedì 26 ottobre, quattordicesimo giorno di isolamento, oltre il quale, secondo i protocolli, se non si avvertono sintomi, si può uscire di casa e considerarsi negativi. I tamponi verrano fatti questa mattina presso la scuola.

Seguono le domande delle madri: “Ma se il tuo bambino è stato a contatto con un positivo, come posso accettare che non venga testato? Anche se è stato sempre bene e senza sintomi, se fosse positivo asintomatico e l’avesse attaccato ai suoi fratelli o a noi genitori? E come posso aspettare tutto questo tempo senza che nessuno mi contatti?”.

Nonostante la grande confusione, la totale assenza per oltre una settimana di comunicazione diretta delle strutture sanitarie nei confronti di genitori e scuola, la legittimità di domande che mettono a nudo il malfunzionamento stesso di questo sistema e il fatto che, nel frattempo, adesso, in quella stessa scuola, altre due classi sono finite in quarantena, la vera notizia è che il protocollo funziona proprio così.

Se andate sul portale della Asl Roma 1 e cercate nelle FAQ, troverete la risposta a questa domanda: “Cosa accade ai compagni di classe di un alunno che risulta Covid-19 positivo?”

Segue la risposta:Quando un alunno risulta positivo al test per SARS-CoV-2, il Dipartimento di Prevenzione notifica il caso e si avviano la ricerca dei contatti e le azioni di sanificazione straordinaria della struttura scolastica nella sua parte interessata. Il referente scolastico Covid-19 deve fornire al Dipartimento di Prevenzione l’elenco dei compagni di classe nonché degli insegnanti del caso confermato che vi sono stati a contatto nelle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi. I contatti stretti individuati dal Dipartimento di Prevenzione con le consuete attività di contact tracing saranno posti in quarantena per 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto con il caso confermato oppure in quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con effettuazione al decimo giorno di test antigenico o molecolare. Il Dipartimento di Prevenzione deciderà la strategia più adatta circa eventuali screening al personale scolastico e agli alunni”.

Se non vi basta, potete scaricare il documento dal titolo Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”, a cura di un folto gruppo di lavoro di cui fanno parte l’Istituto Superiore di Sanità, il ministero della Salute, il ministero dell’Istruzione, l’Inail, la Fondazione Bruno Kessler, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Veneto. L’ultima versione porta la data del 28 agosto. Dentro, in maniera più approfondita, troverete lo stesso protocollo di sicurezza. Ammesso che riesca a rassicurare qualcuno.