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Un piano della Commissione per affrontare la crisi abitativa del Vecchio continente. Lo ha presentato a Strasburgo il commissario europeo Dan Jørgensen e prevede misure per aumentare l’offerta di alloggi accessibili, una proposta legislativa per regolamentare gli affitti brevi e maggiori flessibilità sugli aiuti di Stato.
È strutturato su quattro pilastri principali e dieci azioni specifiche per individuare le risorse necessarie, rimuovere i vincoli burocratici e cambiare le regole del mercato, permettere a Stati e privati di costruire e ristrutturare molto di più e a prezzi più bassi.
Numeri record
Il piano prende le mosse da dati incontrovertibili. Negli ultimi dieci anni i prezzi delle abitazioni nell’Ue sono aumentati in media di oltre il 60 per cento, mentre gli affitti hanno registrato incrementi superiori al 20. Oltre il 10 per cento delle famiglie europee spende più del 40 per cento del proprio reddito per l’abitazione, una quota destinata a crescere a causa delle distorsioni di un mercato immobiliare definito dalla Commissione “disfunzionale e speculativo”.
Non basta. Dal 2021 i permessi per l’edilizia residenziale sono diminuiti del 22 per cento, il 20 per cento del patrimonio immobiliare non è usato o lo è in modo inefficiente. Poi c’è l’altra faccia della medaglia, gli affitti brevi, che sono aumentati di quasi il 93 per cento tra il 2018 e il 2024. Il risultato? Un numero record di senza tetto: secondo l’Ocse circa 900 mila persone in 21 Stati membri in cui è stato possibile accedere ai dati, tra cui 400 mila minori.
Disagio abitativo, problema complesso
“Il piano casa presentato dalla Commissione rappresenta un segnale di attenzione verso un tema di grande rilevanza sociale, che nel nostro Paese si inserisce in un contesto molto complesso – commenta Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil -: cambiamenti demografici, riduzione del reddito disponibile delle famiglie, precarizzazione e discontinuità nel mercato del lavoro, crescita delle disuguaglianze economiche, sociali e territoriali, aumento delle povertà”.
Pagano i lavoratori
Secondo la Commissione le dinamiche del disagio abitativo hanno avuto effetti sulla mobilità del lavoro, sull’accesso all’istruzione e sulla pianificazione familiare, con ricadute anche sulla competitività economica e sulla coesione sociale.
"I lavoratori pagano ogni mese il prezzo della crisi abitativa europea, poiché i costi degli alloggi divorano i salari e spingono le famiglie al limite, mentre i datori faticano a coprire i posti perché i lavoratori non possono permettersi di vivere dove c'è occupazione – dichiara Esther Lynch, segretaria generale della Ces, confederazione europea dei sindacati -. L'aumento dei costi degli alloggi sta minando il tenore di vita, indebolendo la stabilità economica e limitando l'accesso al lavoro in tutta l'Ue”.
2 milioni di nuove case all’anno
L’obiettivo del documento è quindi colmare il divario tra domanda e offerta, stimato in oltre 2 milioni di nuove case all’anno, contro le 1,6 milioni attuali. Per la Commissione si dovrebbero aggiungere circa 650 mila alloggi all'anno per i prossimi dieci anni: per realizzarle ci vorranno 150 miliardi di euro all’anno.
In che modo soddisfare il fabbisogno? Con una nuova strategia per la costruzione di alloggi, un vero e proprio manuale tecnico per le imprese che dice che il futuro è prefabbricato, digitale, tracciato dal passaporto prodotti e basato sul recupero certificato dei materiali.
Semplificazione e sostenibilità
Inoltre, rimuovendo gli ostacoli normativi e procedurali: un pacchetto di semplificazione amministrativa per l’edilizia volta a ridurre gli oneri burocratici, accelerare il rilascio dei permessi e facilitare gli interventi di ristrutturazione, tenendo conto dei criteri di sostenibilità ambientale e di qualità. Allentando le regole sugli aiuti di Stato per sostenere finanziariamente alloggi a prezzi accessibili e per i progetti di social housing.
E ancora: costituendo una piattaforma di investimento con la partecipazione della Banca europea per gli investimenti, banche promozionali nazionali e regionali e altre istituzioni finanziarie internazionali. Per quanto riguarda gli affitti brevi, nella prima metà del 2026 ci saranno misure mirate per aumentare la trasparenza a carico degli affittuari e definire delle zone sottoposte a stress abitativo.
Capitolo investimenti
La Commissione ha indicato di aver già mobilitato circa 43 miliardi di euro per l’edilizia sociale, accessibile e sostenibile nell’attuale ciclo di bilancio e di prevedere ulteriori risorse nel prossimo bilancio pluriennale. 10 miliardi di euro sono i nuovi investimenti stimati per il biennio 2026-2027 attraverso il programma InvestEU.
Poi una dotazione di 1,5 miliardi di euro dei fondi di coesione che Stati membri e regioni hanno già proposto di spostare sull’edilizia abitativa. Un ulteriore supporto finanziario lo fornirà il fondo sociale per il clima per il prossimo bilancio 2028-2034.
E il ruolo del pubblico?
“Il riconoscimento da parte dell’Europa che la casa è un tema centrale e l’impegno a rivedere il meccanismo degli aiuti di Stato, cosa che potrebbe favorire l’investimento pubblico, sono entrambi elementi positivi della proposta della Commissione – dichiara Giusi Milazzo, del Sunia nazionale -. Ma come si può accrescere il patrimonio abitativo da destinare a milioni di persone? Noi pensiamo che il ruolo dell’intervento pubblico debba essere centrale, e il piano questo non lo fa. Non condividiamo con l’Ue l’idea che per risolvere il problema si debba costruire più immobili affidandosi agli investimenti privati. In questo modo non si garantisce la casa a chi ha redditi medio-bassi, famiglie e lavoratori poveri. Inoltre, vorremmo che si puntasse a ristrutturazioni e riconversione del patrimonio abbandonato, e non solo a nuove costruzioni”.
Per la Ces gli investimenti pubblici sono essenziali per porre rimedio a questa situazione, ma il denaro pubblico deve essere vincolato a certe condizioni, deve rafforzare la contrattazione collettiva, garantire elevati standard di salute e sicurezza e sostenere posti di lavoro di qualità, non sovvenzionare l'insicurezza o i bassi salari.
Il piano e l’Italia
“Sarà importante verificare la declinazione che il piano avrà nel nostro Paese, visto che le misure sono complementari, e non sostitutive, a quelle nazionali – conclude Barbaresi, Cgil -. È infatti necessario rimarcare il crescente disinvestimento pubblico, sia in termini finanziari che strategici, in questo ambito, e la necessità di declinare un generico housing contenuto nel piano europeo, in termini di abitazioni per le fasce più colpite dalla crisi abitativa: a livello centrale bisogna affrontare il tema dell’edilizia residenziale pubblica che è sempre meno presidiata e rispetto alla quale il partenariato pubblico-privato, che appare il punto centrale del piano europeo, non può avere una funzione sostitutiva”.























