“Importante il risultato che si è determinato con la firma dell’Accordo di sicurezza sociale bilaterale fra l’Italia e Albania che regolerà le prestazioni previdenziali”. Così la Cgil parla di un’intesa che ha visto un lavoro molto intenso negli ultimi anni, che aveva portato il governo Draghi con la legge di bilancio del 2022, a stanziare risorse a partire dal primo gennaio 2023 in avanti per concretizzare quell’accordo.

Un lavoro interrotto dalla crisi di governo e che ha faticato a riprendere dopo le elezioni del luglio 2022. “Finalmente - prosegue la Cgil - i lavoratori italiani e albanesi avranno più certezza per il loro futuro previdenziale, con la garanzia di parità di trattamento in Italia e Albania”. Non è stato semplice, frutto del lavoro incessante della comunità albanese, di diverse associazioni e delle organizzazioni sindacali, che abbraccerà almeno 250mila lavoratori e lavoratrici, non solo albanesi, visto che gli ultimi dati disponibili ci indicano più di 20 mila gli immigrati italiani che si sono trasferiti nel Paese.

Si tratta, sottolinea il sindacato di Corso d’Italia, “di un accordo che fa decisamente un passo avanti ma che richiede al nostro Paese di proseguire questo lavoro, per mettere alle tante lavoratrici e lavoratori di raggiungere diritti oggi impossibili, per la mancanza di accordi bilaterali di sicurezza sociale”. Inoltre, “riteniamo che sia necessario un ulteriore sforzo affinché questo tipo di accordi bilaterali non siano solo appannaggio di una minoranza di Paesi, ma che siano sottoscritti con tutti quegli Stati con un alto tasso migratorio superando gli ostacoli che determinano così una evidenti lesioni e limitazioni dei diritti in tema di previdenza”.

L’accordo, fa sapere la Cgil “non è stato ancora reso disponibile, ma sarà necessario seguire i suoi sviluppi che porteranno nelle prossime settimane Inps e ministero del Lavoro e delle politiche sociali a un negoziato per un’intesa amministrativa fra i due stati”. Intesa che porterà a dare risposte concrete a tutte quelle persone che sino ad oggi rischiavano di non aver diritto a prestazioni previdenziali, nonostante gli anni di lavoro e fatica.