“Ogni volta che uccidono un giornalista, uccidono un palestinese, è come se avessero ucciso anche me. Perché chi è stato ucciso è un mio compagno, un mio fratello, un mio collega. Ogni bambino che muore è mio figlio”. Il giornalista palestinese Bassam Saleh ci dice con queste parole che questa è la sua vita, per lui che dalla sua terra è lontano e vive in Italia.
Lo abbiamo incontrato e intervistato prima del suo intervento all’assemblea pubblica organizzata dalla Rete#NoBavaglio a Roma, dal titolo “Genocidio a Gaza, guerre, riarmo: che fare? Verso una mobilitazione globale permanente”.
Un’iniziativa che si è svolta il 23 settembre e che ha visto tra i relatori il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi e l’artista e scrittore Moni Ovadia (del quale pubblicheremo la nostra intervista).
“I giornalisti palestinesi sono stati massacrati volutamente – dice Saleh – perché Israele non vuole che loro trasmettano la verità su ciò che stiamo vedendo. Questa è la realtà dei giornalisti palestinesi”.