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Natale amarissimo per i dipendenti della Cam di Telgate e Grumello del Monte (Bergamo), storica azienda produttrice di articoli per la prima infanzia (come passeggini, seggiolini e culle). A fine novembre ha dichiarato lo stop alla produzione, con il contestuale licenziamento di 57 dipendenti, mentre per ora resteranno attive le funzioni commerciale e amministrativa.
Immediata è stata la protesta dei lavoratori, che sono scesi in sciopero (l’ultimo è del 22 dicembre) e organizzato presìdi. Attualmente continuano i contatti tra proprietà e sindacati (l’azienda ha fatto un’offerta per gli esodi incentivati che però Fiom, Fim e Uilm hanno giudicato insufficiente), ma la chiusura della produzione sembra definitiva.
La posizione dell’azienda
La società, nata nel 1969, è oggi in grande difficoltà. “Il bilancio è in rosso e la produzione è ridotta all’osso, questa è l’unica strada per gestire l’esubero della forza lavoro”, ha dichiarato la responsabile marketing di Cam Monica Rho al Sole 24 Ore del 18 dicembre scorso.
Dal 2008, anno in cui l’azienda aveva un fatturato di 60 milioni di euro e 320 dipendenti, bilanci e personale sono calati progressivamente. Nel 2024 i ricavi sono scesi a 23 milioni, mentre il personale è prima diminuito a 139 addetti, poi (con le procedure di febbraio e luglio 2025) agli attuali 80.
“Dopo il Covid il settore è cambiato profondamente”, prosegue Rho: “Si è aperto all’Est Europa, ma soprattutto alla Cina, che sta invadendo il mercato europeo. Arrivano con i loro marchi, molto competitivi, così l’offerta diventa superiore alla domanda. A causa dei dazi Usa, inoltre, tutta la merce cinese che prima andava oltreoceano sta per essere dirottata in Europa”.
Conclude la responsabile marketing: “Il costo della manodopera e gli aiuti del governo cinese rendono la concorrenza sleale. E senza aiuti o interventi statali siamo in ginocchio. Noi resteremo in stand by, in attesa che arrivi qualche commessa dall’estero o che si risveglino le nascite”.
Sindacati: “Il futuro è un’incognita anche per chi resterà”
“Abbiamo cercato di discutere per garantire uscite dignitose ai lavoratori, ma le nostre richieste sugli ammortizzatori sociali e su una possibile ristrutturazione dell’attività produttiva sono rimaste inascoltate”, dichiarano i responsabili territoriali Manuel Carrara (Fiom Cgil), Vincenzo Zammito (Fim Cisl) e Tsegereda Weldegebral (Uilm Uil).
“Stiamo affrontando il tema degli esuberi perché siano i più dignitosi possibile, con sostegni economici alle famiglie che perderanno il posto di lavoro”, proseguono: “Per chi rimarrà in azienda il futuro è un’incognita. Cam non specifica come procederà, si parla solo di delocalizzazione all’estero e di rimanere in attività come struttura di import-export, senza progettualità concreta”.
Fiom, Fim e Uilm evidenziano che “la crisi del settore dell’infanzia non può diventare un alibi per scaricare sui lavoratori il costo delle scelte aziendali. Non esiste futuro per l’infanzia senza un futuro dignitoso per chi ha costruito, con le proprie mani, culle, passeggini e seggiolini su cui generazioni di bambini hanno trovato sicurezza e serenità”.
Carrara, Zammito e Weldegebral così concludono: “Per questo chiediamo all’azienda di compiere un ulteriore, necessario atto di responsabilità verso chi ha fatto vivere questa realtà produttiva, sostenendola e portandola avanti con impegno e professionalità”.
























