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Davanti a un ospedale di Gaza City, nella sera di domenica 10 agosto, l’esercito israeliano ha colpito la tenda dove si trovavano quattro reporter e un autista dell’emittente Al Jazeera, uccidendoli.
Dall’inizio della guerra sono stati uccisi 230 giornalisti palestinesi e, negli ultimi tempi l’Idf ha preso particolarmente di mira i reporter e gli operatori di Al Jazeera che in quasi due anni di guerra ha continuato a documentare quello che ormai tutti chiamano il genocidio a Gaza.
Tra i cinque uomini uccisi anche il giornalista di 28 anni Anas al Sharif, uno dei volti in primissimo piano della versione araba del network internazionale.
È con la sua presenza che l’Idf ha giustificato l’attacco mirato, accusandolo di essere un membro di Hamas. Circostanza sempre apertamente negata da al Sharif, il quale, nello scorso aprile, aveva scritto una lettera-testamento, della quale pubblichiamo di seguito un estratto:
“Se queste parole vi giungono, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce. Innanzitutto, la pace sia su di voi, insieme alla misericordia e alle benedizioni di Dio.
Dio sa che ho dedicato ogni briciola di impegno e forza in mio possesso per sostenere ed essere una voce per il mio popolo dal momento in cui ho aperto gli occhi nei vicoli e nei quartieri del campo profughi di Jabalia. La mia più profonda speranza era che Dio mi concedesse una vita abbastanza lunga da tornare con la mia famiglia e i miei cari nella nostra città natale di Ashkelon occupata, Al-Majdal. Ma la volontà di Dio ha prevalso e il Suo giudizio è stato eseguito.
Ho vissuto il dolore in tutte le sue forme, ho assaporato la sofferenza e la perdita più e più volte. Eppure, mai per un giorno ho esitato a dire la verità così com'è, senza falsificazioni o distorsioni, sperando che Dio fosse testimone di coloro che sono rimasti in silenzio, di coloro che hanno accettato la nostra uccisione, di coloro che hanno soffocato il nostro respiro, i cui cuori sono rimasti insensibili ai resti dei nostri bambini e delle nostre donne, e che non sono riusciti a fermare il massacro che il nostro popolo ha sopportato per oltre un anno e mezzo.
Vi affido la Palestina, gioiello della corona musulmana e cuore pulsante di ogni persona libera al mondo. Vi affido il suo popolo e i suoi figli oppressi, privati della possibilità di sognare, di vivere in sicurezza e pace. I loro corpi puri schiacciati sotto migliaia di tonnellate di bombe e missili israeliani, fatti a pezzi e sparsi sui muri.
Vi affido il compito di non lasciarvi ridurre al silenzio dalle catene, né di lasciarvi limitare dai confini, ma di essere ponti verso la liberazione delle nostre terre e del nostro popolo, finché il sole della dignità e della libertà non sorgerà sulla nostra patria usurpata.
Vi affido il benessere della mia famiglia. Vi affido la pupilla dei miei occhi, la mia amata figlia Sham, che il tempo non mi ha permesso di vedere crescere come un tempo sognavo. Vi affido il mio caro figlio Salah, che desideravo fosse il mio aiuto e compagno in questo cammino, che crescesse forte e mi togliesse il peso, completando la missione. Vi affido la mia amata madre, grazie alle cui benedette preghiere ho raggiunto ciò che ho ottenuto”.
“Vi affido anche la mia compagna di vita, la mia amata moglie Um Salah Bayan, da cui la guerra mi ha separato per lunghi giorni e mesi, eppure è rimasta fedele al nostro patto, salda come un tronco d'ulivo che non si piega”. “Ve li affido affinché voi stiate al loro fianco e siate il loro sostegno dopo Dio Onnipotente. Se dovessi morire, morirei saldo nei miei principi”.
“Perdonatemi se ho mancato e imploro per me misericordia, perché ho mantenuto saldamente il patto e non ho mai cambiato né vacillato.Non dimenticate Gaza.
E non dimenticatemi nelle vostre giuste preghiere per il perdono e l'accettazione”.
Anas Jamal Al-Sharif, 6 aprile 2025.