“Non siamo qui per fare politica. Un piccolo Paese come il nostro, bloqueado (cioè bloccato, sottoposto a embargo), condivide quello che ha, per salvare vite umane”. In questa frase, pronunciata dal dottor Julio Guerra, medico cubano a capo della brigata sanitaria internazionale Henry Reeve, c'è tutto il senso della presenza e del lavoro svolto da medici e infermieri arrivati in Italia dall'isola caraibica per aiutare il nostro Paese, in particolare Lombardia e Piemonte, ad affrontare l'emergenza Coronavirus.

Collettiva.it ha avuto la possibilità, grazie all'aiuto dell'associazione AsiCuba, di intervistare il dottor Guerra che insieme ad altri 37 professionisti della salute sta tutt'ora lavorando all'ospedale Covid-19 allestito presso le ex Ogr di Torino. Arrivati il 13 aprile, nel momento più nero dell'emergenza, medici e infermieri cubani hanno operato spalla a spalla con i nostri sanitari. La collaborazione è stata “eccellente”, sottolinea il dottor Guerra. Due modi di vedere la medicina che si sono confrontati ed integrati. E i risultati sono stati molto positivi, come testimoniano anche le tante lettere di ringraziamento che i pazienti hanno indirizzato al personale medico, tanto italiano quanto cubano.

L'equipe del dottor Guerra, arrivata da oltre oceano, ha dalla sua una grande esperienza di intervento proprio nelle emergenze. Le brigate Henry Reeve, (che prendono il nome da un giovane americano, uno degli eroi della prima guerra d’indipendenza cubana) sono infatti lo strumento attraverso cui Cuba porta avanti da anni la sua idea di internazionalismo medico. Dottori, infermieri e altri sanitari che hanno girato e continuano a girare il mondo per portare aiuto nelle situazioni più critiche: dai terremoti (nel 2010 in 6mila portarono aiuto medico ad Haiti) alle pandemie, come Ebola in Africa e oggi il Covid-19 in Italia.

“Medici, non bombe”: è lo slogan coniato da Fidel Castro che accompagna le brigate Henry Reeve nei loro viaggi di “solidarietà e umanità”, sempre a titolo totalmente gratuito. Qui in Italia l'esperienza è stata sicuramente diversa da quelle precedenti. In un paese desarrollado (cioè sviluppato) e ricco, in un continente, l'Europa che sostanzialmente accetta l'embargo imposto dagli Stati Uniti a Cuba. Eppure, tanta parte della società civile italiana, tante associazioni tra cui il più grande sindacato italiano, la Cgil, non solo hanno espresso gratitudine per l'aiuto arrivato dall'isola, ma hanno anche alzato la voce per chiedere la fine delle sanzioni, divenute ancora più ingiuste durante la pandemia, perché estese alle forniture sanitarie, a partire dai ventilatori polmonari. Ma questo è un discorso distinto. Il dottor Guerra lo ha detto in premessa: noi siamo qui per salvare vite umane, condividendo ciò che abbiamo. Che poi è moltissimo.

SECONDA PARTE INTERVISTA