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Senza neutralizzare il drenaggio fiscale la manovra del governo Meloni non sostiene la classe media, anzi finisce per impoverirla. Da un minimo di circa 1,9 mila euro a un massimo di oltre 3,6 mila euro: è questo il drenaggio cumulato subito nel triennio 2023-2025 dai salari compresi tra 28 e 50 mila euro lordi. È quanto emerge da una simulazione elaborata dall’Ufficio Economia della Cgil nazionale.
L’analisi evidenzia inoltre, come i benefici che la manovra di bilancio 2026 garantirà a queste fasce di reddito, attraverso la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33%, oscillano tra 0 e 440 euro l’anno.
Drenaggio fiscale: tornano indietro pochi spicci
La simulazione offre quindi alcuni esempi: un reddito di 30 mila euro lordi annui ha subìto nel triennio 2023-2025 un drenaggio fiscale di 2.807 euro e riceverà dalla riduzione della seconda aliquota Irpef un beneficio di appena 40 euro all’anno. Nel caso di 35 mila euro lordi annui, a fronte di un drenaggio di 3.340 euro ci saranno benefici per solo 140 euro all’anno. Per un reddito di 40 mila euro lordi annui, il drenaggio ammonta a 3.639 euro contro un beneficio di soltanto 240 euro all’anno.
Il messaggio risulta quindi evidente: senza neutralizzare il fiscal drag, ossia il drenaggio fiscale, indicizzando l’Irpef all’inflazione, il governo non aiuta la cosiddetta classe media, ma ne favorisce, anzi ne determina proprio l’impoverimento.
Ferrari: il governo impoverisce i redditi medi
“Il ministro Giorgetti – dichiara il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari – ha tenuto a sottolineare che con 40 mila euro lordi all’anno non si è ricchi. Lo sappiamo benissimo. Ma non basta dirlo, occorre assumere decisioni conseguenti, cosa che l’esecutivo si guarda bene dal fare. Anzi, la sua politica fiscale va nella direzione opposta rispetto alla volontà sbandierata di voler sostenere i redditi medi”.
Prosegue il segretario: “Coloro che invece vengono protetti, senza se e senza ma, sono i milionari e i miliardari, come dimostra il no alla nostra proposta di istituire un contributo di solidarietà pari all’1,3% per i 500mila contribuenti più ricchi. Frutterebbe 26 miliardi di euro. Si è gridato allo scandalo. Molto meglio, per la maggioranza, sottrarre surrettiziamente 25 miliardi di euro a chi vive di salario e di pensione. E utilizzare quelle risorse non per finanziare la spesa sociale, come pure avevamo chiesto, ma per uscire prima del previsto dalla procedura di infrazione, in modo da attivare già l’anno prossimo la clausola di salvaguardia per scomputare dal Patto di stabilità la spesa per il riarmo (+23 miliardi nel triennio 2026-2028)”.
Rischiamo un Pil sotto l’1% nel prossimo biennio
“Il risultato di questa linea di politica economica è – prosegue Ferrari – sotto gli occhi di tutti: secondo Bruxelles, saremo l’unico Paese dell’Unione europea con un Pil inferiore all’1% nel prossimo biennio. E non potrebbe essere altrimenti, visto che non si rilancia la domanda interna e non si sostiene, attraverso gli investimenti pubblici, alcuna politica industriale; l’austerità colpisce sanità, istruzione, non autosufficienza, politiche abitative, trasporto pubblico, trasferimenti a Regioni ed enti Locali e, inoltre, si continua a fare cassa sulla previdenza, penalizzando le pensioni in essere e aumentando indiscriminatamente l’età pensionabile”.
Il 12 dicembre sciopero generale contro il declino
Lo sciopero diventa sempre più urgente. “C’è chi ci chiede i motivi dello sciopero generale del prossimo 12 dicembre. Sono quelli appena elencati e ci sembrano più che sufficienti. Non ci rassegniamo al declino del Paese e all’impoverimento della stragrande maggioranza dei cittadini italiani”, conclude Ferrari.
























