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In un’Europa segnata da profonde trasformazioni economiche e geopolitiche, assistiamo con crescente preoccupazione a un pericoloso mutamento di paradigma: la progressiva normalizzazione dell’investimento in armamenti, anche attraverso strumenti finanziari etichettati come “sostenibili”.
Il piano ReArm Europe, promosso dalla Commissione europea, rappresenta un passaggio critico in questa direzione: prevede 800 miliardi di euro destinati al comparto della difesa, di cui una parte significativa proveniente dai bilanci nazionali e dai risparmi privati dei cittadini.
Un progetto che rischia di trasformare la finanza pubblica e privata in leva strategica per una nuova economia di guerra, alterando le priorità sociali, minando la coerenza delle politiche Esg (Environmental, social and corporate governance – Governance ambientale, sociale e aziendale) e subordinando i diritti delle persone alle logiche del profitto.
La tutela etica del sindacato per i soldi dei lavoratori
In questo contesto, la Cgil ribadisce la propria contrarietà alla finanziarizzazione della difesa e lancia un allarme sull’utilizzo di fondi pensione e risparmi previdenziali per sostenere l’industria bellica. Il motivo risiede nel fatto che è inaccettabile che risorse frutto del lavoro vengano dirottate verso strumenti finanziari opachi che finanziano la produzione di armi, anche nucleari.
“Le politiche di investimento dei fondi pensione – spiega Ezio Cigna, responsabile Politiche previdenziali Cgil nazionale – devono essere guidate da criteri di responsabilità sociale, ambientale ed etica. L’inclusione del settore bellico nei portafogli definiti sostenibili rappresenta una contraddizione insanabile”.
Aggiunge Cigna: “L’Esg non può includere la difesa e nemmeno la guerra. È un paradosso inaccettabile sostenere che le armi difendano la democrazia, mentre minano la coesione sociale e deviano risorse pubbliche da sanità, istruzione e welfare”.
Allianz Global Investors, uno dei colossi della finanza europea, ha recentemente aggiornato le proprie politiche Esg “includendo nel perimetro degli investimenti sostenibili anche aziende che ricavano oltre il 10 per cento del fatturato dalla produzione di armi, comprese quelle nucleari. Un precedente che segna una pericolosa inversione di rotta, giustificata in nome della sicurezza, ma funzionale a un sistema che premia chi produce conflitti”, prosegue l’esponente sindacale.
La Csrd, il nuovo standard europeo per il reporting di sostenibilità, introduce il principio di “doppia materialità”: non si deve valutare solamente l’impatto finanziario degli investimenti sull’impresa, ma anche l’impatto di quest’ultima sulla società e sull’ambiente. “Alla luce di questo - afferma Cigna – chiediamo: è davvero “sostenibile” investire in aziende che traggono profitti dalla produzione di strumenti che abbiano un legame con la guerra?”.
Per il responsabile Cgil “la Commissione europea deve garantire che le attività connesse alla produzione e al commercio di armamenti siano esplicitamente escluse dal perimetro Esg. La transizione ecologica e sociale dell’Europa non può e non deve essere costruita con logiche belliche, né tanto meno a spese dell’etica pubblica e della giustizia sociale”.
Le richieste della Cgil
Il sindacato chiede quindi con urgenza che venga vietato l’utilizzo del marchio “sostenibile” per strumenti finanziari che includano settori incompatibili con i diritti umani, la pace e l’equità sociale; che i fondi pensione siano orientati verso investimenti coerenti con l’interesse collettivo, dunque in settori come energia pulita, sanità pubblica, innovazione sociale, economia circolare.
In conclusione, per la Cgil il risparmio previdenziale non può diventare leva per politiche di riarmo, ma deve invece rappresentare uno strumento per costruire un futuro equo, sostenibile e democratico. A partire da questo principio, rilancia quindi l’importanza di orientare gli investimenti dei fondi pensione verso l’economia reale, intesa come volano per lo sviluppo del Paese, per la creazione di lavoro stabile e per la transizione ecologica e sociale.
Investire sull’economia reale
“In questa direzione si inserisce l’esperienza virtuosa promossa da Assofondipensione in collaborazione con Cassa depositi e prestiti, finalizzato agli investimenti in economia reale”, nota Cigna: “Un’iniziativa che rafforza il legame tra previdenza complementare e crescita sostenibile, destinando risorse dei fondi negoziali a settori come la transizione energetica, l’economia circolare, la digitalizzazione, la messa in sicurezza del territorio”.
Per Cigna si tratta di “un modello positivo, che dimostra come sia possibile coniugare rendimento, protezione del capitale e utilità collettiva, evitando derive speculative od opache. Ma per rendere questi investimenti realmente strategici e duraturi, serve un ruolo più incisivo del governo”.
Per il responsabile Politiche previdenziali Cgil è proprio il governo a dover garantire condizioni di protezione adeguata del risparmio previdenziale, sostegno fiscale agli investimenti qualificati, selezione trasparente dei progetti con attenzione ai criteri Esg e ai diritti del lavoro. “Al contrario – conclude – non può pensare di obbligare i fondi pensione a investire in strumenti rischiosi, a scapito della tutela dei risparmi dei lavoratori”.