Il conflitto mediorientale genera incertezza a livello internazionale con l’effetto immediato di aumentare l’instabilità finanziaria. L’economista Mario Pianta, ordinario di Politica economica alla Scuola normale superiore a Firenze e presidente della Società italiana di economia, spiega che le prospettive di crescita per il 2023-2024 sono intorno allo zero con oscillazioni modeste e ora la situazione potrebbe divenire ulteriormente critica con una nuova spinta verso l’alto dei prezzi dell’energia. “Quanto sta accadendo in Medio Oriente – afferma - porta a un’impennata del petrolio, che è già arrivato a oltre 90 dollari al barile, vicino alle quotazioni raggiunte con l’esplosione della guerra in Ucraina. L’effetto dell’aumento dei prezzi dell’energia è immediato in Paesi come l’Italia, perché siamo dipendenti dalle importazioni di gas e petrolio”.

Energia inflattiva

Come abbiamo visto anche nel 2022, il costo dell’energia determina l’aumento dei prezzi, Pianta sottolinea però il ruolo che ha avuto la mancanza di politiche di controllo, “perché si è lasciato che le grandi imprese petrolifere come l’Eni facessero crescere i prezzi quanto desideravano. Senza politiche di controllo succede che la spinta inflazionistica si trasmette a tutta l’economia e tutte le imprese sono spinte ad aumentare i prezzi. Nel 2023 il motore principale dell’inflazione non più stato l’energia ma l’aumento dei profitti guidato dalle imprese che hanno potere di mercato e non temono di perdere quote di fronte alla concorrenza. Questo accade nei settori dei viaggi, dei trasporti, degli alimentari e in tutte le attività di servizi con domanda rigida rispetto ai prezzi".

La minaccia che viene dalla guerra israelo-palestinese è quindi quella di un nuovo innalzamento dell’inflazione, "che in Italia è attorno 6,1%, quindi più alta che in Francia e Spagna, dove sono state introdotte misure di limitazione dei prezzi dell’energia". Come spiega in modo approfondito nel suo libro L'inflazione in Italia, Pianta ricorda che "gli effetti sono molto gravi per le condizioni di vita delle persone, per i salari dei lavoratori che hanno perso il 15% del potere d’acquisto nell’ultimo biennio. Anche gli effetti politici sono gravi: la Bce, in un anno, ha fatto passare il tasso di interesse dallo zero al 4%, con un riflesso molto pesante sulle imprese che chiedono prestiti per gli investimenti e per le famiglie che devono pagare un mutuo. Lo stesso vale per i conti pubblici, perché il governo deve pagare tassi interessi più elevati sul debito pubblico, limitando la possibilità di spesa pubblica per obiettivi sociali".

Mario Pianta

L'eventuale nuova impennata dell’inflazione, secondo l'economista, potrebbe portare a "un ulteriore inasprimento della politica monetaria della Bce e una recessione molto più grave per l’Europa. A quel punto alcuni problemi diventerebbero intrattabili: il peso del debito pubblico, i vincoli sulla spesa, la ulteriore caduta dei salari, l’aumento della disoccupazione, i licenziamenti. Si tratta quindi di uno scenario di grande fragilità, ma rendiamoci conto che gli strumenti a disposizione vengono usati male. Le risposte politiche della Bce troppo restrittive partivano dall’illusione di azzerare l’inflazione in poco tempo e così si è rinunciato alla politica del controllo dei prezzi, fondamentale invece per il recupero della stabilità".

La speculazione

C'è inoltre da capire quanto le impennate dei prezzi dipendano da un reale maggiore costo delle materie prime e quanto da manovre speculative. "Le dinamiche alle quali assistiamo creano spazi per la speculazione finanziaria che guida i mercati - dice Pianta -. I prezzi di gas e petrolio sono legati ai contratti future, quindi a scommesse finanziarie il cui costo effettivo è meno importante dell’operazione speculativa. Il fatto che il governo europeo e italiano non abbiano messo in discussione radicalmente questo modo di fissare i prezzi di beni essenziali ha permesso la speculazione in modo grave. L’instabilità internazionale ha sempre portato a dinamiche speculative sulle quotazioni in borsa che provocano a loro volta ulteriore instabilità e rischio di crisi: anche su questo fronte non ci sono stati interventi che limitino i comportamenti speculativi".

L'industria delle armi

I conflitti provocano poi un aumento di profitti legati alle produzioni militari: "In risposta alla guerra in Ucraina - ci ricorda l'analista economico - l'Europa si è impegnata ad aumentare la spesa militare, che ha all’interno una voce importante per le armi. Quindi le relative imprese europee hanno aumentato significativamente le commesse, la produzione, i profitti, le vendite e le quotazioni in borsa. Questa traiettoria della trasformazione dell’economia europea è molto pericolosa perché concentra risorse pubbliche nella spesa militare e attiva un meccanismo di ricerca di sicurezza attraverso l’aumento della forza militare che crea però maggiore insicurezza, quindi una spirale di corsa al riarmo con esiti di instabilità. È importante ci sia una politica che riduca l’incertezza e sappia, ridurre la potenzialità dei conflitti sul piano internazionale, attraverso la cooperazione e le prospettive di disarmo".

Questione di scelte

Nonostante gli scenari che si prospettano e ai quali abbiamo già assistito, il governo italiano sta mettendo a punto una legge di bilancio "inadeguata, perché gestisce alcuni blocchi di interessi della base elettorale di destra con interventi di respiro molto corto, un esempio su tutti le agevolazioni fiscali. Non c’è una strategia per tutelare i redditi reali di fronte all’inflazione, specialmente per quelli più bassi, e difendere le retribuzioni e in questo caso l’esempio è il rifiuto di affrontare la questione del salario minimo".

Manca il riconoscimento dell’emergenza della spesa pubblica e Pianta porta l'esempio di come si stanno affrontando i gravi problemi in campo sanitario, "come non c’è nemmeno un intervento strutturale sul nostro modello di sviluppo per affrontare il cambiamento climatico e la sostenibilità ambientale. Siamo sempre in un contesto di corto respiro con effetti non particolarmente positivi sulla crescita dell’economia italiana e la riduzione delle disuguaglianze, aumentate con pandemia e inflazione. La manovra - conclude - sembra proprio non tenere conto dei problemi strutturali del Paese e nemmeno della drammatica situazione internazionale".