La Cgil lo denuncia da tempo: il governo Meloni riduce i fondi per la salute di cittadini e cittadine, smantella il servizio sanitario nazionale, destina risorse ai privati. Questa la strategia adottata sia attraverso la legge di bilancio e le risorse ordinarie, sia attraverso la rimodulazione del Pnrr. Per di più la presidente del Consiglio mente: si tratta di capire se lo fa sapendo di mentire o perché inconsapevole di quel che fa. Già, perché ripete fin dalla conferenza stampa di presentazione della manovra economia del 2024, e continua a farlo, che il suo governo ha stanziato una quantità di risorse come non mai proprio per la sanità. Ma le menzogne hanno le gambe corte, a smentire la premier è anche la Corte dei Conti.

Le verifiche sui conti

Sarà per evitare che la verità venga affermata che la destra al governo cerca in tutti i modi di imbrigliare chi per statuto e missione ha il compito di verificare ciò che fa l’esecutivo. Non a caso tra i primi obiettivi di chi siede a Palazzo di Chigi c’è stato proprio quello di ridurre la possibilità della Corte di effettuare controlli preventivi, che peraltro è stato chiesto dall’Europa. E non è un caso che si stiano varando norme che tentano di ridurre l’autonomia della magistratura e la sua possibilità di indagine, o si tenti di limitare la libertà di informazione dei giornalisti e il diritto a essere informati di cittadini e cittadine.

Sostiene la Corte

La V Commissione della Camera, la Bilancio, sta esaminando il decreto n. 19/2024, quello che contiene disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Come da prassi e d’obbligo la Corte dei Conti ha esaminato il testo e ha depositato in Parlamento una “memoria”. Così si svela la menzogna. Ma prima arrivano i rilievi sul fatto che il testo del governo “si limita a fornire gli elementi di sintesi delle valutazioni condotte per pervenire alla stima delle risorse Pnrr da integrare”, ma “non vengono riportate le informazioni di dettaglio, al fine di ricostruire pienamente” le valutazioni; soprattutto manca il dettaglio delle misure per le quali servono più soldi.

Poche informazioni ma i tagli sono chiari

Benché la trasparenza non sia una virtù esercita da Meloni e dai suoi ministri, la Corte conferma quanto già denunciato dalla Conferenza delle regioni: dal capitolo per la sanità del Pnrr è cancellato oltre un miliardo e sostenere le risorse per effettuare lo stesso gli interventi previsti contengono una doppia menzogna. Da un lato il fondo da cui si dovrebbero recuperare, l’ex legge 20 sull’edilizia ospedaliera, è già destinato e in ogni caso anche se fosse disponibile comunque le opere del Pnrr si realizzerebbero togliendo soldi ad altro. E siccome la matematica non è un’opinione, il totale di quanto originariamente previsto per la sanità – risorse Pnrr più quelle per edilizia ospedaliera – sarebbe notevolmente ridotto. La seconda menzogna riguarda i tempi: non essendoci più i vincoli temporali dettati dall’Europa la realizzazione dei progetti slitterebbe chissà a quando.

Inganno facilmente svelato

“Con il decreto-legge del 2 marzo n.19 – afferma infatti Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil - vengono tagliate pesantemente sia le risorse del ministero della Salute, per oltre 676 milioni di euro, abbandonando la sanità territoriale e mettendo in seria discussione la riforma prevista dal Dm 77/2022, sia quelle delle Regioni sulla sanità, per circa 1,8 miliardi”. È bene non dimenticare che la revisione del Pnrr, riducendo i progetti della missione 6 sancisce una restrizione consistente di quanto previsto per la rinascita della sanità di territorio: via il 30% delle case di comunità, via il 24 % degli ospedali di comunità con buona pace della presa in carico dei fragili e di quanti affetti da patologie croniche.

Un modello chiaro: porte aperte ai privati

Quanto sta succedendo non è frutto del destino cinico e baro, nemmeno di confusione o incapacità. Risponde a un disegno preciso: privatizzare la sanità spostando risorse pubbliche verso il privato. Qualche prova? Le pochissime risorse stanziate in legge di bilancio per abbattere le liste d’attesa sono destinate alle strutture private, anziché utilizzate per ampliare la capacità – magari assumendo personale – di quelle pubbliche di effettuare indagini strumentali e visite specialistiche. Ancora: perché fornire risorse alle farmacie private per somministrare vaccini e fare analisi anziché utilizzare quegli stessi soldi per rinforzare i dipartimenti di prevenzione e i laboratori delle Asl, anche in questo caso magari assumendo personale? E potremmo continuare.

Conclusione amara, volontà di lotta

La segretaria della Cgil, infatti, è netta: “I tagli avranno un impatto diretto sulla condizione di salute delle persone, che insieme all’assenza di investimenti sulla prevenzione rende sempre più chiaro il modello di sanità che ha in testa il governo: una sanità di mercato, a consumo, immaginando un grande supermarket delle prestazioni. A conferma di ciò sono i gravissimi i ritardi accumulati nell’utilizzo dei fondi: la missione salute ha la percentuale più bassa di realizzazione”.

La Confederazione di Corso d’Italia non ci sta: per questo il diritto alla salute è uno dei temi centrali della mobilitazione lanciata dalla Cgil, e proprio il diritto alla cura e la salvaguardia del servizio sanitario nazionale è uno dei pilastri della manifestazione convocata per il prossimo 20 aprile a Roma.