A marzo 2023 si conferma l’andamento lento dell’occupazione italiana. Gli occupati crescono di +2 2mila unità sul mese precedente e di +90 mila nel confronto tra il trimestre gennaio-marzo 2023 con ottobre-dicembre 2022. Il tasso di occupazione italiano non riesce, quindi, neppure con un così alto calo demografico, ad arrivare alla soglia del 61%, confermandosi il più basso di tutta Europa.

Per fasce di età la maggiore crescita è, ancora una volta, fra gli over 50 (ormai il 40% del totale degli occupati) che, su base trimestrale ha un incremento addirittura più elevato (+96 mila) dell’intero aumento degli occupati nello stesso periodo, consolidando il progressivo invecchiamento della nostra occupazione.

I contratti a termine

Per quanto riguarda i contratti a termine, si torna a marzo a superare la quota dei 3 milioni (circa 700 mila in più del 2008 su una platea degli occupati aumentata di poco più di 300 mila). Questo è l’aspetto che andrà monitorato più attentamente nei prossimi mesi rispetto alle novità legislative appena introdotte sui tempi determinati e sui voucher.

Nei primi mesi del 2023 il flusso dei nuovi contratti precari si è sostanzialmente stabilizzato per diversi motivi: il ritorno in vigore del cosiddetto “decreto dignità” che prevede regole più stringenti sulle causali e l’annuncio, da diversi mesi, che sarebbero state introdotte regole più favorevoli per le imprese; aspetto che –probabilmente – ha portato, almeno in parte, ad attendere prima di attivare nuovi rapporti a termine.

Verso un aumento del lavoro precario

Verificheremo quindi, dai dati del mese di maggio (periodo di entrata in vigore del decreto) l’andamento delle nuove attivazioni che, per quanto riguarda il lavoro a tempo determinato è già il 16,4% del totale dell’occupazione dipendente, circa 5 punti superiore alla media Ocse, con punte del 60% fra i più giovani.

Per esperienze già sperimentate in casi analoghi, la preoccupazione è molto alta perché, con ogni probabilità, queste nuove scelte legislative del governo porteranno ad un nuovo e preoccupante aumento di lavoro precario, sia tra i tempi determinati che fra i collaboratori, nel nostro Paese.

Fulvio Fammoni, presidente Fondazione Di Vittorio