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Un “assoggettamento fisico all'altrui potere” che incide sulla libertà personale è quanto implica il trattenimento nei Cpr secondo la Corte costituzionale, la quale richiama il legislatore, quindi il Parlamento, a rimediare al “vulnus denunciato con riguardo alla riserva assoluta di legge”.
La Consulta ha risposto così al giudice di pace di Roma che si era rivolto proprio alla Corte dopo essere stato chiamato a convalidare provvedimenti di trattenimento di stranieri in un Centro di permanenza per i rimpatri. Il giudice aveva denunciato che il trattenimento si svolge secondo modalità e procedimenti in violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione, lamentando l’omessa previsione di standard minimi di tutela giurisdizionale, con disparità di trattamento rispetto ai detenuti in carcere, che usufruiscono delle garanzie dell’ordinamento penitenziario.
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità sollevate perché la Corte non può supplire all’assenza di legge, ma ha dichiarato che il Parlamento ha “il dovere ineludibile di introdurre una normativa compiuta, la quale assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta”.
Si parla quindi di una “normativa del tutto inidonea a definire, con sufficiente precisione, quali siano i 'modi' della restrizione, ovvero quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo, che potrebbe anche essere non breve, in cui sono private della libertà personale, disciplina rimessa, quasi per intero, a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali”.
Il pronunciamento della Corte è destinato a fare discutere e intervenire nel dibattito governo, parlamentari e mondo dell’associazionismo. Dalla Cgil il responsabile Ufficio immigrazione, Kurosh Danesh, ricorda che negli ultimi anni, da che sono nati i Centri, ci sono state “diverse sentenze della Corte costituzionale su questo strumento di detenzione amministrativa. Questa volta si aprono però alcune crepe che riguardano la libertà personale per coloro che a causa di un reato puramente amministrativo sono trattenuti in questi centri disumani”.
Per Danesh la sentenza lascia “qualche spazio di riflessione circa l'aspetto giuridico e normativo dei Cpr. Noi come Cgil abbiamo sempre chiesto che questi centri siano chiusi perché non rispettano la dignità umana. Le persone sono trattenute per un reato amministrativo, o perché non sono riusciti a rinnovare il loro permesso di soggiorno e magari stanno attendendo un tipo di protezione speciale dentro il nostro Paese”.
“Si tratta – conclude – di una sentenza che deve essere studiata bene, ma, in ogni caso, in essa ci sono alcuni aspetti positivi sulla libertà delle persone che dovranno essere approfonditi”.