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Ci ha pensato il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte a mettere le cose a posto, a dire che no non si può aprire stanze per convincere le donne che hanno deciso di far ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza a non abortire. Non si può perché la libertà e l’autodeterminazione delle donne non può e non deve essere limitata, lo prevede una legge, la 194 del 1978 votata insieme a tante riforme da un Parlamento autonomo e sovrano e non sottoposto al governo di allora. Una Legge che fu poi confermata da un referendum convocato per cancellarla e che finì con il darle un larghissimo consenso popolare, probabilmente inaspettato per dimensione. Una legge il cui numero 194 è diventato sinonimo di battaglie femminili e femministe, di libertà e autodeterminazione appunto.
L’antefatto
Era l’estate del 2023 quanto l’assessore alle politiche sociali della regione Piemonte Maurizio Marrone ha promosso una “convenzione” tra la Città della salute e la Federazione Movimento per la vita per creare una “stanza per l’ascolto” delle donne che decidono di interrompere la gravidanza. In quella stanza a “dare ascolto” sono esponenti del movimento antiabortista, una forma di coercizione della volontà e della scelta delle donne. Firmata la convenzione, partita la mobilitazione promossa da associazioni femminili e femministe e dalla Cgil.
La sentenza
Basta “ascolto”, basta coercizione della libera scelta delle donne, le stanze devono chiudere perché la convenzione che le aveva fatte aprire è illegittima. Lo sentenzia appunto il Tar del Piemonte che si è pronunciato a seguito del ricorso presentato dal Se Non Ora Quando Piemonte, dalla Cgil Piemonte e dalla Cgil Torino. La Legge, quella del ’78 è più forte delle ideologie retrograde e maschiliste che verrebbero cancellarla.
La forza delle donne
“Esprimiamo soddisfazione per la decisione presa dai giudici amministrativi, che hanno ritenute valide le motivazioni che ci hanno portate a opporci al progetto anti-abortista della Regione Piemonte”. Questo il commento delle donne delle organizzazioni promotrici del ricorso che “dietro” avevano e hanno le donne che non rinunciano ai diritti e alle libertà conquistate negli ultimi 50 con la forza che solo mettersi assieme dà.
L’impegno delle donne
“La sentenza del Tar del Piemonte fa finalmente chiarezza su scelte sbagliate della regione Piemonte e della direzione dell'ospedale che contrastiamo da anni”. Questo il commento a caldo di Elena Ferro, segretaria della Cgil di Torino, che ha aggiunto: “Il Tar ha infatti annullato la convenzione e di fatto chiude la famigerata stanza antiabortista presso il Sant'Anna , gestita da associazioni che hanno come missione prevista dallo statuto il contrasto alla Legge 194 e al diritto all'aborto. Un cortocircuito che in realtà nasconde una scelta repressiva e illiberale tesa a restringere la libertà di scelta delle donne di abortire in modo libero e sicuro ed è stata dichiarata in palese contrasto con la legge. Ora la Regione Piemonte risponda a cosa sono servite le ingenti risorse che in questi due anni sono state erogate a Federvita e alle associazioni antiabortiste per effettuare attività giudicate in contrasto con la legge. Si tratta di una grande vittoria che attendiamo da più di due anni e che è frutto di una collaborazione stretta e delle lotte del movimento femminista che l'ha sostenuta e di tante e tanti per i diritti delle donne nella nostra città e nella nostra Regione”.
Una sentenza nazionale
“Quella che arriva dal Piemonte è una buona notizia” scrive la filosofa del linguaggio e componente del comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne presso la presidenza del Consiglio Fabrizia Giuliani, sul quotidiano La Stampa: “Non servono guerre alle donne, non servono battaglie ideologiche. Nessuno vuole il ritorno alla clandestinità, e alla vergogna. In altre parole, non si difende la vita contro la libertà. Non più”.
La battaglia del Piemonte è vinta ma non sarà l’ultima. Purtroppo i nemici della libertà femminile sono tanti e determinati, per questo l’impegno della Confederazione di Corso d’Italia è immutato. A dirlo Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil: “Siamo ancora una volta a difendere un diritto conquistato dalle donne per le donne. La legge 194 salvaguarda la libera scelta della donna sul proprio corpo. La colpevolizzazione delle donne che esercitano questo diritto è a tutti gli effetti una violenza determinata dalla cultura del controllo sul corpo delle donne. La Cgil la contrasterà sempre”.