La trazzera, secondo il dizionario di linguistica Garzanti, è una “pista tracciata attraverso i campi per il passaggio di greggi e mandrie”. Secondo i dirigenti della Cgil di Enna la viabilità della provincia, ma in realtà di gran parte delle zone interne della Sicilia, è più simile a un insieme di trazzere che a vere e proprie strade. Certo è che circa l’80 per cento delle vie di comunicazione siciliane di oggi furono “disegnate” dai Borbone. Da allora ovviamente sono state ammodernate, non foss’altro perché da sterrate sono diventate d’asfalto, ma quelle che i monarchi delle due Sicilie ritennero utili per la mobilità del regno tali sono restate. O molto lungimiranti loro, o molto arretrati noi. Certo è che l’economia siciliana di allora non è quella di oggi e per svilupparla ulteriormente di ben altra mobilità, all’interno e tra la Sicilia e il continente, ci sarebbe bisogno.

Strade che assomigliano a sentieri campestri (quando sono aperte al traffico) treni che cammino ancora su monobinario, aeroporti – ben sei – scollegati l’uno dall’altro che invece di far sistema sembrano farsi concorrenza. E la mobilità via mare, lo capirono più di 200 anni fa i Florio, che in un’isola dovrebbe essere il valore aggiunto e la vera scommessa da giocare, che fa acqua da tutte le parti. Questa è la fotografia scattata dalla Cgil siciliana a inizio estate, ed è indispensabile sapere qual è la realtà per ragionare su quali interventi, possibilmente coordinati, mettere in campo per restituire il diritto alla mobilità ai cittadini e per restituire competitività al turismo e alle industrie che sono assai penalizzate dalla difficoltà di movimento. E oggi a disposizione ci sono le risorse europee, quelle che arrivano dal Pnrr e quelle dei Fondi strutturali.

“Il punto vero - riflette Francesco Lucchesi della segreteria regionale della Cgil - ruota attorno alla capacità di scelta, alla capacità di progettazione e alla capacità di realizzazione dei progetti definiti”. E, d’altra parte, è dallo stesso assessorato ai Lavori pubblici di Palazzo delle Aquile che si sostiene ci vogliano mediamente 7 anni per la realizzazione dei progetti finanziati dall’Europa. Piccolo particolare: gli stanziamenti e i piani a cui i fondi afferiscono durano 6 anni. Le ragioni di tempi così lunghi sono molte, tra queste una carenza ormai strutturale di personale delle pubbliche amministrazioni in grado di interloquire con l’Ue, di delineare i progetti e di metterli a terra. Ancora Lucchesi ricorda che “in campagna elettorale il presidente Musumeci si impegnò a una riforma della pubblica amministrazione, impegno a quattro anni dalla sua elezione ancora non realizzato”. Chi si occuperà del Pnrr?

Le strade
Lo dicevamo, a tracciare l’attuale assetto viario dell’isola ci pensarono i Borbone, da allora si sono aggiunte solo il 20 per cento in più di strade. La lunghezza dell’intera rete stradale siciliana, che comprende sia le vie di grande comunicazione regionale, sia le infrastrutture di penetrazione nelle aree interne, è di 20.821 chilometri. In particolare, 570 chilometri di autostrade, delle quali 222 sono gestitei dal Cas (Consorzio per le autostrade siciliane) e 3.591 è costituito da strade statali. Il resto -  16.660 chilometri - è gestito da altri enti, comuni e province principalmente. Ma le province non esistono più e allora la manutenzione ordinaria e straordinaria è stata trasferita alle tre città metropolitane, Palermo Catania e Messina, e a consorzi di comuni che non sembrano avere come priorità il rifacimento dei manti stradali, la messa in sicurezza di gallerie e viadotti.

E non va meglio alle autostrade. Basti pensare che nell’ottobre del 2015 all’altezza di Latojanni, un paesino in provincia di Messina, una frana ha ostruito la carreggiata della Messina-Catania. Da allora, sono passati ben 6 anni, si procede su un'unica carreggiata perché la carreggiata completa non è stata ancora ripristinata, nonostante la frana sia stata rimossa poche settimane fa. Tutta l’Italia è attraversata da autostrade, alcune a tre corsie e con asfalto drenante, altre a due corsie e piene di rattoppi, ma ci sono. Fino a pochi giorni fa solo una provincia italiana ne era priva. A Ragusa l’autostrada è arrivata il 3 agosto.

E le strade interne sono, appunto, trazzere. È più facile e rapido arrivare a Palermo dalla provincia di Messina che raggiungere il capoluogo regionale da Gela o da Agrigento.

Le ferrovie
Le linee ferroviarie in esercizio sono lunghe 1.369 chilometri, di queste 223 chilometri sono a doppio binario mentre 1.146 chilometri sono a binario unico. E ancora in ben 478 chilometri non è arrivata l’elettrificazione e le locomotive trainano i vagoni grazie al gasolio con buona pace del rispetto dell’ambiente e della riduzione dell’inquinamento. Ovviamente, alta velocità questa sconosciuta. E, infatti, sottolinea ancora il segretario Lucchesi, "l’alta velocità è il volano per lo sviluppo produttivo e la Sicilia non può più permettersi di restare sempre un passo indietro rispetto al Nord. Ogni giorno in tutto il Sud circolano meno treni regionali che nella sola Lombardia. Il servizio ferroviario è quasi inesistente in Sicilia, ci sono 428 corse (lentissime) di treni regionali contro 2396 in Lombardia”.

Gli aeroporti
In Sicilia sono operativi 6 aeroporti, 4 su “terra ferma” e 2 sulle isole Lampedusa e Pantelleria, indispensabili per economia e turismo e anche per le esigenze degli abitanti. L'aeroporto di Catania-Fontanarossa è intitolato a Vincenzo Bellini, è il principale scalo aeroportuale della Sicilia, gestito dalla Sac, e si colloca ai primi posti in Italia per traffico di passeggeri. L'aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo-Punta Raisi si trova a 35 chilometri dalla città di Palermo, è gestito dall’ente Gesap ed è il terzo aeroporto del Sud per traffico di passeggeri e l’undicesimo più trafficato d’Italia. L’aeroporto Vincenzo Florio di Trapani Birgi è un aeroporto civile e militare con gestione affidata alla società Airgest. La compagnia principale che opera sullo scalo trapanese è Ryanair a partire dal 2006. Tra gli aeroporti della Sicilia vi è anche lo scalo Pio La Torre di Comiso, tra Comiso e Ragusa, nato come aeroporto militare e riconvertito al trasporto civile a partire da Maggio 2013.

Molto ci sarebbe da fare per rendere efficienti gli scali, innanzitutto sarebbe opportuno non fossero in concorrenza tra loro, e poi che ciascuno fosse parte di un sistema di mobilità integrato. A Catania, ad esempio, il collegamento ferroviario con la città è stato appena inaugurato, ma dista più di un chilometro dallo scalo, per non parlare delle strade che dovrebbero collegarlo con le altre province. Lucchesi afferma: “Sarebbe opportuno costruire attraverso una riforma complessiva del sistema aeroportuale siciliano l’attivazione di due enti di gestione per i sei scali aeroportuali siciliani, uno per la Sicilia Orientale ed uno per la Sicilia Occidentale, che possano ottimizzare le risorse e ridurre diseconomie e sprechi. Due enti che guardino alle peculiarità della regione riducendo la frammentazione delle linee e che possano aumentare il potere contrattuale con le compagnie aeree”.

Le vie del mare
La Sicilia vanta un sistema marittimo con oltre 22 mila imprese, l’11,5% del totale nazionale. Le vie del mare costituiscono degli asset fondamentali per lo sviluppo del territorio regionale. Nell’isola ci sono tre Autorità portuali: Sicilia Occidentale, Orientale e dello Stretto, ultima nata. La prima ha certamente svolto un gran bel lavoro per l’ammodernamento degli scali e il rilancio di alcuni porti, Palermo e Termini Imerese, ad esempio. Lavoro che, invece, è tutto da fare per quanto riguarda quello dello della Sicilia Orientale. L’ammodernamento dei porti è forse uno dei capitoli di finanziamento maggiori che l’Europa mette a disposizione. Ma serve impegno. Innanzitutto occorre al porto di Messina il riconoscimento del “Core”, cioè quello del riconoscimento di porto in grado di accogliere il traffico merci Tnt, sarebbe il terzo della Sicilia, ma servirebbe ad accedere rapidamente a fondi dedicati.

È bene non dimenticare che, anche secondo la Svimez, portualità e via del mare sono la scommessa da giocare per il rilancio del Sud e dell’Italia intera. La Sicilia, secondo la Cgil, non può che essere della partita. Non solo per i traffici commerciali, ma anche per il rilancio del turismo, Già quest’anno si sono riaffacciati nell’Isola visitatori e vacanzieri, e con l’auspicabile fine della pandemia, strategica sarà la capacità di accoglienza degli scali marittimi e dei retroporti che dovranno garantire una rapida mobilità verso città e località di villeggiatura.

Le risorse
Dai fondi del Pnrr, per le infrastrutture, arriveranno 9 miliardi, oltre 7 sono destinati all’ammodernamento della rete ferroviaria. “Dicono per alta velocità tra Messina Palermo Catania, - commenta ancora Lucchesi -  in realtà serviranno a rendere meno lente le tratte ma certo nulla a che vedere con l’alta velocità vera e propria”. Un’altra decina di miliardi dovrebbe arrivare dagli altri Fondi europei per essere destinata alla messa in sicurezza e alla manutenzione della rete autostradale e viaria. Queste sono le cifre che l’assessore regionale ai Trasporti Marco Falcone ha comunicato ai sindacati a inizio agosto. Incontro interlocutorio, secondo Lucchesi che, a nome della confederazione, ha chiesto “un confronto costante sulle proposte che abbiamo presentato. Con l’assessore abbiamo concordato che dopo la pausa estiva verranno fatti tre tavoli tematici con le parti sociali che verteranno su: servizi di trasporto, infrastrutture e Pnrr-Fondi strutturali-Fondi nazionali. E questa è una decisione positiva”.