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Online il nuovo numero del Notiziario dell'Inca Cgil dal titolo "Sulla via maestra per i diritti e le tutele" (leggetelo QUI). La rivista del patronato è dedicata alla mobilitazione messa in campo dalla Cgil insieme a più di cento associazioni. "La Via Maestra, Insieme per la Costituzione" culminerà nella manifestazione prevista a Roma per sabato 7 ottobre. All'interno della rivista digitale l'editoriale del presidente dell'Inca, Michele Pagliaro, e gli interventi di esponenti di alcune delle associazioni. Qui di seguito pubblichiamo il testo di una lettera aperta con cui il Notiziario ha scelto di aprire questo numero. La firma è di Pietro, uno studente che ha iniziato da poco il suo ultimo anno di scuola ed esprime ai ministri del governo le sue paure per il futuro.
Carissimi Ministri...
Carissimi Ministri,
Mi chiamo Pietro; la scorsa settimana ho iniziato la scuola. Il mio ultimo primo giorno di scuola. Un primo giorno di scuola come tanti altri, come quelli che già in passato ho affrontato. Tuttavia, quest’anno, la prospettiva con cui inizio il percorso di istruzione è diversa. Inizio il quinto anno delle superiori senza nessuna certezza sul futuro. Come si potrebbe averne? Alla fine di quest’anno io e i miei compagni e le mie compagne di classe saremo chiamati e chiamate alla scelta del nostro percorso post-scolastico, ma ci domandiamo quale possa davvero essere il nostro futuro in un mondo così precario. In un mondo nel quale le diseguaglianze e le disparità continuano a crescere, nel quale noi giovani siamo sempre agli ultimi posti nell’ordine delle priorità; le certezze sul nostro futuro sono troppo poche. Così come lo sono anche quelle sul nostro presente. Come possiamo pensare di essere davvero considerati e considerate se per esercitare un nostro diritto, quello di andare a scuola, dobbiamo continuare a fare fronte ai costi così esorbitanti, tra libri, materiale di corredo, trasporti, viaggi d’istruzione e quant’altro?
Ma non è solo questo il problema; la precarietà è il tema cruciale della nostra generazione. Io non posso, così come non possono i miei coetanei e le mie coetanee, approcciarmi a una scelta così importante come quella su “che cosa voglio fare da grande” sapendo che il mondo in cui vado a inserirmi è un mondo di precarietà e instabilità. È questo il mondo che abbiamo davanti! Un mondo dove la chiarezza su ciò che accadrà è nulla; un mondo dove il lavoro, pur essendo riconosciuto come un diritto, è difficile trovarlo, e si fa poco o nulla per renderlo concreto. O dove, addirittura, ci sono persone che sono sfruttate proprio sul lavoro o che, pur lavorando onestamente, non riescono a sbarcare il lunario. O, ancora, che perdono la propria vita o mettono a repentaglio la propria incolumità mentre svolgono le loro mansioni. A cosa serve tutto questo? Non voglio essere parte di un sistema che mi vuole iperspecializzato; che esige che io sia velocissimo nell’imparare e nell’apprendere, per poi essere sfruttato economicamente e mettere in discussione la mia stessa vita per arrivare a fine mese.
Senza contare il rischio, concreto, che, non appena io sarò pronto per entrare nel mondo del lavoro, mi venga proposta come prima “esperienza professionale” una cosa così sporca come continuano a essere i cosiddetti stage non pagati; altra questione su cui non siamo mai stati ascoltati e ascoltate. Questo sistema è generatore di ansia, di preoccupazione, di disagio. Di un disagio, anche psicologico, che è generazionale: non riguarda la singola persona. Ed è forse la questione psicologica una delle più importanti, una di quelle di cui si dovrebbe parlare di più. Situazioni di malessere psicologico sono diffusissime tra me e la mia generazione, ed è un malessere collettivo che deve essere attenzionato e affrontato con quanta più cura possibile perché, se è il sistema che ce lo causa, è sempre il sistema a doverci aiutare. Questi sono i motivi per cui dico che il primo giorno quest’anno è andato oltre la “normale” tensione generata dalla ripresa delle lezioni. Perché, oltre a essere accompagnato dall’incertezza su come andrà l’anno scolastico, è stato accompagnato anche dalla ben più grande ansia dovuta ai dubbi sul mio futuro.
Non so cosa farò tra un anno, ma nel frattempo il mio posto è qui, tra i banchi di scuola, recluso in quella zona grigia di speranza e incertezza. Non voglio rassegnarmi a questa prospettiva. Voglio combattere perché si arresti questa deriva. Per questa ragione sarò in piazza a Roma il 7 ottobre insieme alla Cgil e a tante associazioni, che hanno a cuore il benessere di tutti e che vogliono una società più giusta.