Sono passati nove anni da quel 24 agosto 2016, dal terremoto che sconvolse l’Italia centrale provocando 299 morti e danni terribili al territorio, alle case, alle opere d’arte, agli ospedali, le scuole, le aziende, gli uffici, tutto. L’epicentro era lungo la Valle del Tronto, tra i comuni di Accumuli (Rieti) e Arquata del Tronto (Ascoli Piceno). Una sequenza sismica, come dicono gli studiosi, che è proseguita: a ottobre 2016 c’è stata la scossa più forte, con epicentro tra Norcia e Preci (Perugia). Poi a gennaio 2017 di nuovo. Il bilancio finale, 41 mila sfollati e 388 feriti.

Colpite le aree interne

Nove anni sono trascorsi, e cosa è successo? A che punto sono territori, la ricostruzione? Gli abitanti sono rientrati nelle loro case? I bambini hanno ritrovato i loro banchi a scuola? Gli ospedali hanno ripreso a funzionare? Insomma, si è tornati alla vita di prima? La ricostruzione è in corso, procede a velocità diverse ma i ritardi sono all’ordine del giorno. I territori interessati sono a cavallo di tre regioni, Lazio, Marche e Umbria, e sono tutte aree interne, già soggette a spopolamento, fenomeno che dopo il terremoto ha avuto un rinnovato inevitabile impulso.

Provincia di Rieti, famiglie fuori casa

Partiamo da uno dei due crateri sismici, la zona di Amatrice e Accumuli, che sono state rase al suolo insieme alle loro frazioni, piccoli agglomerati. Qui le famiglie vivono ancora fuori di casa, chi nelle unità abitative provvisorie, prefabbricati eretti nei mesi successivi, chi in affitto in altre città. In attesa di una ricostruzione che tarda ad arrivare.

In forte ritardo

“Siamo in forte ritardo su tutti i fronti”, afferma Claudio Coltella, segretario Cgil Rieti Roma Est Valle dell’Aniene: “In molti casi per lungaggini burocratiche, dovute a scelte che sono state fatte. Si tratta di interventi complessi, cosa che però non giustifica i ritardi. Ci sono case di cui non si conoscevano i proprietari, che erano oggetto di eredità o ancora che hanno abusi. È chiaro però che la famiglia residente ha maggiore interesse e fretta di tornare a casa di chi ha lì una seconda casa”.

Coltella aggiunge: “Nel super cantiere di Amatrice la ricostruzione del centro storico è in fase iniziale, l’ospedale è in forte ritardo, i centri commerciali vivono ancora in soluzioni provvisorie. E mentre l’agricoltura è stata messa subito in sicurezza, quello che ancora non si vede è la ripartenza dal punto di vista economico, il turismo non c’è più, è molto ridotto rispetto alle precedenti potenzialità”.

Voglia di far presto

Le strade sono ancora oggetto di interventi di consolidamento, la viabilità è molto critica. “C’è un viadotto che sono nove anni che è a metà”, prosegue Coltella: “Il ponte Morandi è stato ricostruito ed era un ponte vero, qui un viadotto di qualche centinaio di metri, non un’opera eccezionale, non si è riusciti a completarlo. Ci sono periodi in cui si vedono pochissime persone al lavoro, non c’è la voglia di fare presto”.

Dell’ospedale di Amatrice, piccolo presidio che non ha mai avuto problemi economici per la ricostruzione, devono ancora finire la struttura. Poi andrà allestito, bisognerà indire i concorsi, assumere il personale: tempi che non sono compatibili con le esigenze di un territorio soggetto allo spopolamento.

Una scuola vuota

La scuola di Accumuli, la prima a essere ricostruita, non è mai entrata in funzione perché non ci sono i bambini: la denatalità era un grande problema ancor prima del sisma, adesso le famiglie sfollate che si sono trasferite a San Benedetto del Tronto, dapprima negli alberghi, poi nelle case, rientreranno mai nelle loro abitazioni dopo tutti questi anni?

Nella zona meno colpita della provincia, la fase di consolidamento e ricostruzione è più avanzata, le pratiche sono state tutte attivate, un po’ di cantieri aperti. “Eravamo partiti bene, con lo sgombero delle macerie, sembrava si fosse avviata un’azione molto veloce”, conclude il sindacalista: “Poi s’è fermato un po’ tutto. Sono demoralizzato, perché stiamo assistendo a una mancanza d’interesse a che la ricostruzione avvenga in tempi rapidi”.

Umbria tra l’80 e il 92 per cento

Le cose vanno meglio in Umbria, che conta 11 comuni della provincia di Perugia e 4 in quella di Terni dell’area del cratere, più altri 63 che hanno subìto danni leggeri. Sui piccoli comuni dell’area montana, che avevano già caratteristiche di fragilità, con fenomeni di spopolamento e uscita dei giovani, il sisma ha avuto gravissimi contraccolpi.

“A nove anni possiamo dire, dati del commissario straordinario alla mano, che la ricostruzione leggera è al 92 per cento, quella pesante all’80”, spiega Gianni Fiorucci, segretario Cgil Umbria con delega alla ricostruzione: “Degli oltre 3.500 cantieri, 2 mila sono stati conclusi. Quindi siamo a buon punto, anche se gli anziani vivono situazioni di disagio che andrebbero attenzionate e seguite meglio, probabilmente legate al rientro nelle abitazioni. Sul fronte della legalità le cose stanno andando bene, anche grazie ai protocolli che abbiamo sottoscritto”.

Esperienze del passato

Questo è un territorio che ha vissuto altri eventi del genere sia in precedenza sia dopo il 2016. “Per questo sappiamo cosa vuol dire ricostruire – aggiunge Fiorucci - e sappiamo pure che non basta, perché devi ricreare il tessuto socio-economico: se rimetti in piedi le case e poi non c’è nessuno che lavora, che studia, che vive lì, non è servito a niente”.

Il rapporto del commissario straordinario dice che qui è stata recuperata una parte del Pil. “La crescita ben venga, ma bisogna analizzare la qualità di questa crescita e poi renderla strutturale”, conclude il dirigente Cgil: “Vogliamo essere convocati dalla Regione e dal commissario per spiegare la nostra idea di ricostruzione di un tessuto produttivo e sociale: ci vogliono le persone e ci vuole la continuità del lavoro”.

Ascoli Piceno tra pubblico e privato

Nella provincia di Ascoli Piceno bisogna fare una distinzione tra patrimonio privato e pubblico: la ricostruzione del primo è andata avanti, dopo un primo freno dovuto agli impegni delle aziende con il bonus del 110 per cento. Dallo scorso anno i lavori sono ripresi, la metà dei cantieri sono in corso, con lavori finanziati e avviati.

“Mentre il grosso della ricostruzione pubblica si è sbloccata da poco”, dichiara Barbara Nicolai, segretaria generale Cgil Ascoli Piceno: “Erano necessari interventi normativi, legati alla questione degli appalti e un iter amministrativo complicato. Alcune opere più urgenti come la scuola sono state completate, ma il grosso della ricostruzione pubblica deve ancora partire”.

Distrutte intere comunità

Anche in questa provincia le zone più colpite dal sisma sono le aree interne. “Sono andate distrutte intere comunità, che puoi ricostruire solo se ricostruisci i servizi legati al territorio”, aggiunge Nicolai: “Le famiglie con bambini che si sono trasferite nove anni fa verso la costa torneranno qui dopo essersi integrate nelle nuove realtà? Arquata è un comune simbolo della nostra provincia, quello che ha contato più vittime: è stato scelto per un progetto di sperimentazione, ricostruire ma non esattamente nello stesso modo, rivalutare e rigenerare. Ma anche lì le famiglie abitano ancora nelle casette”.

Le persone non ritorneranno in quei luoghi a meno che non venga ripristinato tutto com’era prima, i trasporti pubblici, i servizi, l’accessibilità, le infrastrutture materiali e immateriali. “E poi ci vogliono progetti e piani integrati”, conclude Nicolai: “Il nostro timore è che non ci sia coordinamento degli interventi e che si proceda in ordine sparso”.