I greci non possono più permettersi una vacanza in Grecia. Salari troppo bassi, aumento del costo della vita e dei prezzi nelle località balneari (anche a causa dell’overtourism) questa estate hanno costretto un greco su due a rinunciare alle ferie. Come scrive il Guardian in un suggestivo reportage, “il 2025 sarà ricordato come l'anno in cui i greci decisero di rinunciare al loro pellegrinaggio annuale al mare”.

Situazione paradossale. Il settore turistico ellenico è in ottima salute. Le isole o le spiagge del Peloponneso sono tra le prime 10 mete estive più popolari al mondo, insieme a Spagna, Italia e Turchia. Prima dell'estate le prenotazioni erano già cresciute del 12%, con operatori come Alltours che segnalavano un +10% specifico sulla Grecia. Ma il diritto a godere di tanta bellezza è diventato un privilegio irraggiungibile per la maggior parte della popolazione locale. "Siamo diventati la Thailandia d'Europa; forniamo servizi di cui gli altri possono godere", dichiara un commerciante di Atene al Guardian.

Già prima che l’estate “esplodesse”, a inizio luglio, i dati Eurostat misurati sul 2024 avevano confermato l’esistenza di una emergenza greca nel più generale impoverimento dei cittadini europei. L’istituto statistico della Ue ha rilevato che il 46% dei greci (il 19% in più rispetto al resto dell'Ue) non può permettersi una settimana di ferie. Nel 2024, il 27% della popolazione Ue di età pari o superiore a 16 anni non è stata in grado di concedersi una pausa. Ma le percentuali più elevate di persone che non possono andare nemmeno sette giorni in ferie sono state registrate in Romania (58,6%), appunto in Grecia (46,0%) e in Bulgaria (41,4%).

Il secondo paese Ue per numero di lavoratori poveri

Un Report della Gsee (la Confederazione generale del lavoro greca) conferma questa realtà allarmante: la Grecia è al secondo posto nell’Unione europea per tasso di lavoratori in condizione di grave deprivazione materiale e sociale. Nel 2024 l’8,8% degli occupati greci risultava in questa situazione, poco sotto la Bulgaria (9,5%) e davanti a Paesi come Romania (7,8%), Ungheria (5,4%) e Slovacchia (3,3%).

Il 29,3% dei lavoratori non riesce a permettersi nemmeno una spesa personale settimanale, dato più alto tra i 27 Stati membri e in crescita rispetto al 27,9% del 2023. La media europea è solo dell’8,3%. La percentuale sale al 31,4% tra i lavoratori non salariati, oltre quattro volte la media Ue. Tra i disoccupati il dato tocca il 61,7%, mentre il 41,3% degli inattivi (esclusi i pensionati) e il 30,4% dei pensionati segnalano la stessa difficoltà, contro un 9% a livello europeo.

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Una meta per stranieri

E così, nel porto del Pireo, i traghetti ormeggiati e con destinazione Egina, una delle isole più vicine alla capitale e tradizionale meta di vacanza per i greci, sono mezzi vuoti. Le vendite dei biglietti sono crollate del 50%, riporta sempre il Guardian, facendo anche qualche conto: se dieci anni fa le persone arrivavano a prendere 20, anche 30 giorni di ferie, adesso si limitano a qualche fine settimana. E, se persino le località a portata di mano sono vuote, con un salario medio di 1.300 euro nessun greco “normale” può organizzare una vacanza nelle lontane isole Cicladi, raggiunte da traghetti che arrivano a costare 450 euro per una famiglia di quattro persone con un'auto.

Il paradosso è quindi che la meta ideale delle vacanze estive, con 36 milioni di turisti registrati nel 2024, con un fatturato di 21,7 miliardi di euro, con un settore che fornisce almeno un posto di lavoro su cinque, proprio per il suo successo e per l’impennata dei prezzi è diventata una destinazione impossibile per chi ad Atene, o a Patrasso, o a Salonicco, ci è nato e ci vive.

Il crollo del potere di acquisto

Non a caso il Rapporto della Gsee rileva che il 23,5% dei lavoratori greci non può partecipare con regolarità ad alcuna attività culturale o di svago: è la quota più alta dell’Unione europea, superiore di 6,7 punti persino alla Romania. Il Rapporto mette in luce come la perdita di potere d’acquisto continui a compromettere la vita dei lavoratori. L’impossibilità di soddisfare bisogni essenziali, materiali e sociali, caratterizza sempre più la condizione di una larga parte della forza lavoro in Grecia.

La “soluzione” del governo: lavorare fino a 13 ore al giorno

Prima dell’estate il governo ha presentato un progetto legislativo che prevede la possibilità di estendere l’orario di lavoro fino a 13 ore al giorno. La Gsee ha reagito denunciando “un’ulteriore deregolamentazione” che trasferisce la gestione del tempo di lavoro sul piano individuale, “dove il rapporto tra datore e dipendente è squilibrato”, compromettendo la contrattazione collettiva. La bozza di legge prevede un bonus del 40% per gli straordinari, con limiti di 48 ore settimanali in media su 4 mesi e un tetto annuo di 150 ore extra. Ma la Gsee avverte che “non è sostenibile conciliare vita lavorativa e personale con questi carichi”. Il governo giustifica la misura con la difficoltà delle imprese a reperire personale, mentre i dati segnalano un tasso di disoccupazione all’8,3%, il minimo da 17 anni.

Ma i salari medi restano ben al di sotto della media europea. E il superlavoro non sarà la risposta alla “thailandizzazione” della Grecia.