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Il Tfr dei lavoratori per garantire la flessibilità in uscita verso la pens. È l’ultima trovata di un governo che, avendo in campagna elettorale promesso di cancellare la ioneFornero, sta procedendo in direzione esattamente opposta: in pensione sempre più tardi e con assegni via via più bassi.
La proposta è stata lanciata oggi (25 agosto) dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, dalle colonne del Corriere della Sera. Ma l’idea è stata subito bocciata dalla Cgil. Per la segretaria confederale Lara Ghiglione “il governo continua a non dire la verità sulle pensioni e propone soluzioni che non hanno alcun senso. L’idea di utilizzare il Tfr per garantire la flessibilità in uscita è profondamente sbagliata: significherebbe far pagare direttamente a lavoratrici e lavoratori il costo della pensione anticipata”.
Non va dimenticato, infatti, che il trattamento di fine rapporto non è un fondo di cui si può disporre a piacimento, ma, ricorda la sindacalista, “salario differito, parte integrante della retribuzione, e toccarlo vuol dire colpire diritti certi conquistati con il lavoro".
Tecnicamente la proposta prevede che, proprio l’utilizzo del Tfr, potrebbe permettere il raggiungimento della soglia minima obbligatoria per andare in pensione anticipata col sistema contributivo.
Peccato però, attacca Ghiglione, che dal 2022 a oggi quella soglia è stata innalzata da 2,8 volte l’assegno sociale (da circa 1.300 euro) a 3 volte (poco più di 1.600 euro), e nel 2030 arriverà a 3,2 volte (più di 1.700 euro). Parliamo di un aumento di oltre 400 euro al mese: un muro invalicabile che cancella di fatto ogni possibilità di pensionamento a 64 anni per chi ha carriere povere e discontinue". E così, sottolinea la Cgil, “anziché eliminare l’importo soglia si prospettano soluzioni da far pagare a lavoratrici e lavoratori”.
Insomma, siamo alle solite: “Questo governo – prosegue – aveva promesso il superamento della legge Fornero. La verità è esattamente l’opposto: la flessibilità in uscita è stata progressivamente azzerata, come dicono chiaramente i dati Inps”.
Non solo: “Mentre alzano i requisiti per la pensione – continua la segretaria confederale della Cgil – i salari fanno fatica a crescere e con questo governo i rinnovi contrattuali dei pubblici hanno recuperato a malapena un terzo dell’inflazione cumulata in questi anni. In altre parole, mentre cresce il costo della vita e viene smantellata la flessibilità in uscita, chi lavora si trova a guadagnare meno oggi e ad avere meno prospettive di pensione domani".
Nella stessa intervista Durigon ha anche prospettato novità su Opzione donna. Duro il commento di Ghiglione: “Arriviamo al ridicolo. Dopo aver azzerato la misura da quando sono al governo, modificando profondamente i requisiti di accesso e restringendo la platea delle beneficiarie a qualche unità, oggi si annuncia una nuova proposta come se fosse una conquista. Le donne sanno bene cosa è stato fatto: promesse tradite, tutele cancellate e nessuna vera attenzione al lavoro femminile".
Il governo, per la Cgil, “non mantiene le promesse” e “colpisce chi lavora due volte: prima non facendo nulla per aumentare i salari reali, poi cancellando la possibilità di andare in pensione in modo dignitoso”.
“Continueremo a batterci per una vera riforma previdenziale, riportando nel sistema principi di equità e introducendo una vera flessibilità nel sistema previdenziale", conclude la dirigente sindacale.