I migranti che lavorano con regolare contratto in Italia “sono circa 2,4 milioni, pari a circa il 10% del totale degli occupati. Alcune altre centinaia di migliaia lavorano senza contratto, soprattutto come braccianti agricoli o come badanti. Anche quando hanno un contratto, in media guadagnano circa 300 euro al mese meno degli italiani, a parità di qualifica. E poiché molti di loro lavorano nei trasporti o nelle costruzioni sono anche i più esposti agli infortuni”.

È quanto si legge nella presentazione del libro “25 storie di accoglienza, solidarietà, successo”, a cura dell’Associazione Famiglie accoglienti, edito da Altreconomia, e con la prefazione del cardinale Matteo Maria Zuppi. Un volume che ci racconta di chi, arrivato nel nostro Paese, è riuscito a uscire dallo sfruttamento, dalla solitudine e dall’emarginazione. 

Storie che danno speranza 

La scelta di rendere note storie con esito positivo ci viene spiegata dal fondatore dell’Associazione Famiglie accoglienti, Fabrizio Tonello, docente presso l’Università di Padova. 

“Abbiamo scelto queste storie – dice – perché ogni giorno siamo invasi da altre storie e notizie, come quelle recenti sui gangster libici che nei giorni scorsi hanno espulso il ministro dell'Interno Piantedosi, gangster che sono pagati da noi per impedire i salvataggi in mare violando la legge del mare, la Costituzione e il più banale ed elementare senso di umanità.

Ciò nonostante i migranti arrivano perché ci sono guerre, regimi repressivi, anche questi finanziati e supportati e molto spesso installati dall'Occidente e quindi queste storie del Mediterraneo o della rotta balcanica nascondono altre storie che riguardano 5 milioni di persone. Alcuni di loro, con molta fatica, sono riusciti a trovare un un lavoro stabile, una casa, farsi una famiglia, avere dei bambini e vivere una vita quasi normale. Quindi volevamo sottolineare questo aspetto quasi sempre trascurato quando si parla di migranti”.

Superare le ostilità

Tra le storie c'è anche quella di una ragazza del Gambia che arriva a Torino e non si sente accolta, perché, lo sappiamo, la città fatica ad accogliere. Poi tutto volge al meglio grazie anche all'associazionismo e all'umanità dei singoli.

In questo caso parliamo dell'Associazione Famiglie accoglienti e il fondatore ci racconta che “l’iniziativa è nata come spin-off del progetto Vesta del Comune di Bologna che già molti anni fa si proponeva di dare un sostegno concreto alla accoglienza dei minori non accompagnati nel momento in cui compivano la maggiore età e quindi dovevano lasciare le strutture dedicate. 

Questo progetto ha cercato poi di realizzare delle accoglienze in famiglie alle quali ha proposto di ospitare questi neo-maggiorenni per 9 mesi, dando anche un piccolo incentivo finanziario di 350 euro al mese. Molte famiglie a Bologna hanno risposto, ma a un certo punto sono intervenuti i decreti cosiddetti sicurezza del 2018, quando Matteo Salvini era ministro degli Interni.

A quel punto i ragazzi che ospitavamo erano a rischio espulsione. Noi ci siamo riuniti al bar del teatro e abbiamo fondato l'associazione con l'espresso desiderio di dire “noi li accogliamo in casa, non li potete espellere, non li espellerete e non espellerete neanche noi ovviamente”.

Mi istruisco, lavoro, voto

Quello che emerge dal libro con evidenza è il peso che hanno principalmente tre fattori: l’istruzione, il lavoro e la possibilità di votare, oltre, naturalmente, alla necessità di avere una casa. “In molte delle storie raccontate i ragazzi e le ragazze avevano già avuto un’educazione scolastica nel loro Paese, ma non sempre capita così. A questo si aggiunge la difficoltà di non conoscere l’italiano e questo rischia di confinarti a lavori marginali e a rischio sfruttamento e caporalato. 

La mia famiglia ha avuto in casa due ragazzi della Guinea ed entrambi, avendo fatto le scuole superiori al loro Paese, si sono poi impadroniti dell'italiano molto più rapidamente e si sono aperte per loro delle strade più interessanti che non per quelli confinati  in lavori faticosi e mal retribuiti.

Aggiungo che in tutta Italia opera una scuola di italiano fondata da Edoardo Affinati, la Penny Wirton, che fa dei corsi gratuiti di italiano per i migranti dando loro una possibilità di miglioramento anche per l'integrazione. Anche la Cgil di Bologna ha dei propri corsi di italiano, oltre a un ufficio stranieri molto attivo e combattivo”.

Tonello cita la storia di Bubacar Ba che, essendo riuscito ad avere la cittadinanza italiana in 5 anni invece che in 10 perché rifugiato politico, la prima cosa che ha detto ricevendo la cittadinanza è stata: “Bene, così adesso posso andare a votare”. Se guardiamo la percentuale degli italiani originari che hanno votato, è una dichiarazione molto significativa”.

“C'è un’altra storia – prosegue – che mi ha colpito particolarmente: Saliu, dopo una serie di traversie, è passato da Torino, poi a Bologna e poi a Crevalcore, dove è stato assunto da un’azienda locale di rifiuti, un lavoro sicuramente poco gradevole. Nel frattempo però è riuscito a cambiare ruolo all'interno dell'azienda, ha fatto arrivare la moglie, Fatou, dall'Africa e poco dopo è nato il piccolo Omar. La cosa stupefacente è che Fatou il giorno dopo il parto è andata a fare l'esame di terza media facendosi dare un permesso dei medici per avere l'istruzione che le servirà nei prossimi anni”.

Le associazioni si moltiplicano

Fabrizio Tonello ci assicura che l’iniziativa bolognese dell’Associazione Famiglie accoglienti non è la sola in Italia. In molte città esistono decine di associazioni, ne sono esempio Torino e Como con le quali l’Associazione è legata attraverso una rete. “Noi – conclude – ci siamo costituiti specificamente su questa idea di di accogliere in casa chi ne aveva bisogno oramai anni fa, adesso è più difficile, ma si può fare”