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A nove mesi dalla scadenza del Pnrr solo circa un terzo dei progetti legati alla salute sono stati completati. Si tratta di una vera e propria emergenza. Il Pnrr è il piano voluto dall’Europa per affrontare le conseguenze economiche e sociali lasciate dalla pandemia. L’idea era che si pensassero delle strategie da trasformare nel Piano, proprio a partire dagli insegnamenti derivanti dall’emergenza Covid. Sulla carta bellissimo, nella realtà molto meno.
La traduzione italiana del Next Generation Eu provava a rispondere all’emergenza rivelata dalla pandemia: l’insufficienza – a voler esser generosi – della sanità territoriale. Ebbene, la Missione 6 del nostro Pnrr provava a trovare soluzioni per questa insufficienza, certo un po’ timidamente, ma almeno ci provava. Case e ospedali di comunità, infermiere di riferimento, presa in carico delle persone con malattie croniche, sinergia tra servizi sanitari e servizi sociali, ecc. Oggi, il rischio è che quella timida risposta rimanga in gran parte inattuata.
Un’emergenza che diventa allarme
A lanciare l’allarme è la segretaria nazionale della Cgil Daniela Barbaresi, che afferma: “Siamo a nove mesi dalla scadenza del Pnrr la Missione Salute rischia di rimanere inattuata. È stato speso solo il 34,4% dei fondi disponibili, 6,6 miliardi di euro, e solo un terzo dei progetti è completato. Una situazione vergognosa che di questo passo porterà al non raggiungimento degli obiettivi, significherà una perdita delle risorse del Pnrr e si tradurrà in una mancata risposta per le persone. Un altro segnale evidente dell’interesse a incentivare il mercato privato della salute del Governo Meloni”.
I numeri non mentono
È bene ricordare che una delle prime revisioni del Piano presentate a Bruxelles dal governo ha tagliato il numero delle case e degli ospedali di comunità insieme al taglio degli asili nido. Insomma sembra quasi che Meloni e i suoi ministri abbiano poco interesse a ciò che è pubblico e colgano ogni occasione per ridurre e tagliare. In ogni caso, nonostante la riduzione dei servizi, non si riesce a realizzare nemmeno quelli rimasti.
Secondo i dati sul monitoraggio dell’attuazione dei finanziamenti della Missione 6 del Pnrr effettuato dall’Area Stato sociale e diritti della Confederazione elaborando i dati del sistema ReGiS del Mef, aggiornati al 30 giugno 2025, risultano finanziati 10.100 progetti per 19,3 miliardi di euro complessivi (di cui 14,5 miliardi di euro di risorse Pnrr). Sono stati spesi solo 6,6 miliardi di euro, pari al 34,4% dei fondi disponibili (19,5% a dicembre 2024 e 21,3% a marzo) e solo un terzo dei progetti risulta completato (38,2% del totale).
Le case di comunità
Il Covid ha, come dicevamo, svelato uno dei limiti maggiori del Ssn: la quasi assenza di sanità territoriale e l’inevitabile concentrazione negli ospedali che ovviamente non riescono a rispondere ai bisogni di salute di cittadini e cittadine. La risposta doveva e deve essere le case di comunità. Ebbene sono quelle più indietro: sono stati finanziati progetti per 1.415 strutture per un valore complessivo di 2,8 miliardi di euro.
A giugno 2025 risultano effettuati pagamenti per 486,1 milioni di euro: dunque, a pochi mesi dalla scadenza, è stato speso solo il 17,1% dei fondi disponibili. Di questo passo ci vorranno almeno 5 anni per terminare le opere. Peccato che fra 9 mesi le risorse non impiegate dovranno essere restituite e le opere non realizzate non avranno più risorse. E per di più, dei progetti finanziati, ne risultano completati solo 50, pari al 3,5% del totale.
Gli ospedali di comunità
Sono 428 i progetti di ospedali di comunità approvati e finanziati, ma del miliardo e 300 milioni di finanziamento sono stati impegnati solo 190,1 milioni di euro, pari al 15,1% dei fondi. E dei progetti finanziati, ne risultano completati solo 14, pari al 3,3% del totale.
C’è un altro ritardo di cui si parla poco, ma che è altrettanto allarmante: l’attuazione del programma per un “ospedale sicuro e sostenibile”. Sono stati stanziati 17,9 miliardi di euro, per i quali, a marzo 2025, sono stati effettuati pagamenti per 482 mila euro pari al 2,7% dei fondi disponibili e dei progetti finanziati, ne risultano completati 28, pari al 14,1% del totale.
Il trucco c’è
Se non ci sono infermiere, medici, personale socio-sanitario, assistenti sociali, case e ospedali di comunità, qualora fossero realizzati in tempo, rimarrebbero scatole vuote. “Per il corretto funzionamento di queste strutture – ricorda Barbaresi – occorrerebbe assumere almeno 35 mila unità tra infermieri, operatori sociosanitari, assistenti sociali e altre figure professionali, medici esclusi. Ma ad oggi non risulta nessuna interlocuzione tra ministri della Salute e dell’Economia a garanzia delle coperture economiche necessarie”. A meno che non le si voglia privatizzare dandole in gestione a cooperative o società private appunto.
Stop propaganda
“Nella propaganda del governo e di alcune Regioni l’attuazione del Pnrr andrebbe a gonfie vele, ma i numeri lo smentiscono clamorosamente. È forte il rischio che gli investimenti previsti nella Missione 6 vengano restituiti al mittente o riorientati verso altri obiettivi, magari a favore dell’industria bellica”, aggiunge la segretaria confederale della Cgil.
“Dalla riforma dell’assistenza territoriale, con l’apertura di una rete di strutture pubbliche per dare risposte alle persone, aggredendo anche l’odioso problema delle liste d’attesa, passa la capacità del sistema di implementare la prevenzione, evitare i ricoveri inappropriati e le lunghe attese nei pronto soccorso, garantire la presa in carico delle persone. Chi rassicura ma nella pratica boicotta la riforma dimostra la volontà di privatizzare la risposta ai bisogni di salute, impoverendo stipendi e pensioni”.
“Siamo all’ultima chiamata per essere smentiti: occorre uno scatto straordinario per evitare il fallimento di un’occasione irripetibile, e per questo – conclude Barbaresi – proseguirà la nostra mobilitazione per difendere e rilanciare il Ssn e garantire il diritto alla salute. Chi lavora contro, opera nel disinteresse delle persone”.