Sonny, 34 anni, è nato in Italia da genitori nigeriani. Europeista convinto, sogna una Ue nella quale essere un nero europeo, ma non ha la cittadinanza italiana. Come tutti coloro che sono nella sua situazione, è dall'età scolare che ha iniziato a sentire fortemente il peso di non essere cittadino del Paese nel quale è nato e cresciuto. In particolare durante i cinque anni di liceo scientifico: “ll mio istituto faceva tantissimi programmi all’estero e, soprattutto dopo l’11 settembre 2001, era difficile avere i documenti per espatriare – ci racconta Sonny -. Avrei voluto partecipare al parlamentino europeo, perché sono appassionato di politica, e invece non ho potuto seguire i miei compagni che sono andati a Bruxelles, hanno fatto progetti e si sono confrontati con altri ragazzi”.

Per Sonny un altro elemento discriminante è l’impossibilità, compiuti i 18 anni, di fare parte dell’elettorato attivo e passivo, di esercitare il diritto di voto.  Sonny enumera una serie di inconvenienti di ordine burocratico che gli hanno reso difficile la vita: “Ho dovuto dare due volte l’esame per la patente, perché la prima volta il rinnovo in corso del permesso di soggiorno non ha consentito la certificazione. Tutto di te è misurato dalla validità del permesso di soggiorno e, dalla legge Bossi-Fini in poi, i tempi di risposta eguagliano quasi quelli della validità del documento: non fai in tempo a ricevere l’ok che è già venuto il tempo di rinnovarlo, e così si ricomincia. Il primo plico per la richiesta di cittadinanza l’ho consegnato nel 2000, poi nel 2004 e poi nel 2006. Ho scoperto che nel 2017 mi avevano mandato il decreto per il giuramento, ma all’indirizzo sbagliato, quindi è tornato indietro e ho dovuto rifare le pratiche dovendo dimostrare l’errore del mittente”.

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“Un bambino nato qui da genitori stranieri non è minoranza culturale, ma etnica", tiene a precisare Sonny, che dice di avere avuto una fortuna nella sfortuna: “Io ho cercato un’identità diversa. Io sono italiano, ma non mi viene riconosciuto e durante l’adolescenza può essere che cerchi altrove la tua identità. Io l’ho trovata nel sogno europeo, che continuo a mantenere anche quando riconosco che l’Europa sbaglia, ma non tutti hanno questa base di valori. Se si nega l’identità e l’appartenenza a un giovane che nasce e cresce qua, la va a cercare altrove – prosegue riferendosi a coloro che vanno alla ricerca i certezze negli estremismi o nell’illegalità – e chi ci perde? L’Italia. Ci lasciano in un limbo. Non è il momento di fare incazzare gente che vive a casa tua, è amorale. Qui rimango e qui resto, nessuno sogna di tornare nel Paese di provenienza dei genitori. Ecco perché questo è il momento di unire le forze”.

Sonny, i cui genitori hanno vissuto la guerra del Biafra, lavora, si è visto attribuire anche riconoscimenti, e partecipa attivamente alla vita sociale di quello che lui ritiene a pieno titolo il suo Paese: gli basterebbe solamente una legge per non sentirsi più straniero nella sua terra.