Sono passati pochi giorni da quando la digos e l’antiterrorismo hanno suonato alla porta di Gian Andrea Franchi e di sua moglie Lorena Fornasir. Nella loro casa triestina la comunicazione che lascia senza parole è arrivata all’alba di una giornata di fine febbraio: la coppia è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. 

La colpa di Gian Andrea e Lorena sarebbe nelle coperte, nei cappotti, nelle scarpe donate a chi arriva dalla rotta balcanica, a chi attraversa lande ricoperte di neve e supera i blocchi e le violenze della polizia croata, a chi si lascia alle spalle la desolazione, il conflitto, la guerra e la fame della terra di provenienza e, con la speranza di raggiungere una destinazione migliore, si imbarca in un percorso fatto di miserie, stenti e persino campi lager come quello di Lipa. Ancora peggio – si fa per dire – la colpa sarebbe quella di aver dato ospitalità per una notte a una famiglia iraniana: una coppia con i suoi due bambini di 9 e 11 anni. 

La notifica dell’indagine aperta è arrivata insieme alla perquisizione e al sequestro di alcuni documenti, un computer e un cellulare. “Un atto persecutorio e grottesco” lo aveva definito subito Gian Andrea, ripensando ai due anni in cui i volontari dell’associazione Linea d’Ombra, che ha fondato assieme a sua moglie, sono diventati un punto di riferimento per l’accoglienza triestina, con il loro impegno e la loro solidarietà.

Adesso arriva la risposta corale. A lanciare l’idea i compagni di quella stessa associazione: “Se avete indagato loro, indagate tutti. Colpevoli loro, colpevoli noi”. E in un attimo la voce rimbalza nella rete e investe tutta l’Italia solidale, impegnata anche in un crowdfunding per aiutarli a sostenere le spese legali che ha già superato i 12mila euro.

“Siamo vicini a Lorena Fornasir e a Gian Andrea Franchi, coinvolti da un’indagine giudiziaria a causa del loro l’impegno sul fronte dell’accoglienza. Un impegno, il loro, portato avanti sempre alla luce del sole e ispirato soltanto a senso di umanità e di solidarietà verso persone in fuga da fame, guerre e violenza e verso il sogno di un futuro migliore” – aveva dichiarato nei giorni scorsi la Cgil del Friuli Venezia Giulia. “Pur senza entrare nel merito dell’indagine e nel pieno rispetto dell’azione della magistratura crediamo che questa vicenda sia il frutto di un approccio legislativo sbagliato, che va in direzione opposta rispetto alla tutela dei diritti umani, trattando l’accoglienza e la solidarietà alla stregua di reati. Una deriva non soltanto italiana ma anche europea, come conferma purtroppo la vergogna dei campi profughi in Bosnia, al confine con l’Unione, dove migliaia di profughi continuano a vivere in condizioni inumane in un’indifferenza rotta soltanto dagli appelli e dalle iniziative dell’associazionismo e del volontariato”.

La solidarietà non è mai un reato – fanno sapere oggi i tanti che aderiscono all’appello di Linea d’Ombra - anzi le reti solidali di cittadini e associazioni che lavorano silenziosamente per garantire diritti e dignità alle persone meritano di essere sostenute e valorizzate. Eppure nel nostro Paese questo non è l'unico caso in cui gesti di umanità vengono criminalizzati. Nelle stesse ore in cui Gian Andrea e Lorena respingono le accuse, la stessa sorte, pur se in diverse circostanze, la subiscono i volontari della ong Mediterranea.