No Other Land non andrà in onda. Il film Premio Oscar che racconta la resistenza dei palestinesi in Cisgiordania era stato inserito nella programmazione del palinsesto Rai per una data simbolo: il 7 ottobre. Solo che qualcosa deve essere andato storto, perché ad oggi risulta cancellato. Le modalità sono simili a quelle di episodi analoghi: prima l’annuncio in pompa magna, poi il dietro front. In mezzo, probabilmente, una telefonata o una segnalazione. O, come riporta Il Fatto Quotidiano, “un’imposizione dall’alto”.

“È proprio la prova provata, se mai ce ne fosse bisogno, che questo tipo di servizio pubblico va riformato. – commenta Riccardo Saccone, segretario generale della Slc Cgil. Un servizio pubblico che ha abdicato al suo ruolo, e che tratta le cittadine e i cittadini come se fossero dei bambini”.

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Ormai da tempo il sindacato dei lavoratori della comunicazione denuncia un atteggiamento paternalistico da parte della Rai, che punta a “orientare le coscienze facendo o non facendo vedere quello che si ritiene più opportuno. – prosegue il segretario - Non funziona più questo modello, nemmeno dal punto di vista imprenditoriale. Mediaset, infatti, sta prendendo sempre di più il largo”.

Il documentario era stato inserito all’interno di una strategia editoriale Rai volta a promuovere storie di forte valore civile e umano e la decisione era stata comunicata alla stampa mercoledì 25 settembre, da Adriano De Maio, direttore dell’area Cinema e Serie TV. Poi il cambio di programma: Martedì 7 ottobre, infatti, come annunciato dall’azienda stessa, la Rai dedicherà alla ricorrenza e alla situazione in Medio Oriente uno spazio informativo in prima serata. Nel comunicato ufficiale si rimanda il documentario No Other Land al 21 ottobre, in prima serata su Rai 3.

“Il servizio pubblico è un bene primario – conclude Saccone – basta trattare i cittadini da sciocchi”. Infine, il dirigente sindacale richiama nuovamente l’attenzione sul tema della riforma della governance, della cui debolezza questi episodi sono emblematici: “Bisogna ristabilire una connessione fra il paese e il servizio pubblico. Questa Rai, con questo modo di pensare, non serve più a niente”.

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