Dopo tanto tergiversare anche l’Italia, almeno formalmente, ha un Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (Pnacc), approvato con decreto n. 434 del 21 dicembre 2023. La parte più sviluppata del piano è quella di analisi: del quadro giuridico di riferimento, del quadro climatico nazionale, sugli impatti del cambiamento climatico e le vulnerabilità del nostro Paese.

Troppe azioni “soft”

La parte finale, invece, quella dedicata a misure e azioni, finanziamenti e governance è molto carente. Le azioni sembrano più un elenco di opzioni, suddivise in categorie e classificate, che non un vero e proprio piano di intervento. Su un totale di 361 azioni proposte 274, il 76%, sono classificate come azioni soft, che non richiedono interventi strutturali e materiali diretti. Poco, rispetto alla fragilità del nostro territorio e agli impatti devastanti che stiamo già registrando, che richiederebbero interventi urgenti, ambiziosi e radicali di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico.

Giusta transizione: grande assente

Fra le azioni e le misure manca completamente il tema della giusta transizione. Nel paragrafo dedicato agli impatti socio economici viene evidenziato che gli effetti negativi derivanti dagli impatti climatici possono creare o aumentare disuguaglianze sociali ed economiche, creando disparità in termini di accesso alle risorse, al lavoro e, più in generale, alla prospettiva di una vita dignitosa. Ma il piano non propone azioni concrete e coerenti, a partire da politiche, misure e fondi dedicati alla giusta transizione che puntino alla piena occupazione e a rimuovere le disuguaglianze e i divari territoriali, di genere e generazionali.

Vietato partecipare

La governance proposta prevede l’istituzione di un osservatorio composto da un Comitato (funzioni di indirizzo e coordinamento per la pianificazione e l’attuazione delle azioni di adattamento), una segreteria (struttura di supporto tecnico e amministrativo) e un Forum (organo consultivo-divulgativo). La partecipazione delle parti sociali, associazioni ambientaliste, università e altre realtà associative è prevista solo nel forum negando la possibilità di una reale partecipazione democratica al processo di pianificazione, monitoraggio e valutazione delle azioni di mitigazione.

Nessun impegno concreto sui finanziamenti

Altro punto dolente è la mancanza di finanziamenti specifici per le azioni di adattamento, il piano si limita a richiamare genericamente alla possibilità di utilizzo dei fondi europei e dei cofinanziamenti nazionali e regionali, senza assumere nessun impegno concreto. Di fatto si conferma la linea portata avanti finora, compresa la legge di Bilancio: nessuna risorsa per la prevenzione e l’adattamento al cambiamento climatico, salvo poi intervenire in modo tardivo e insufficiente per coprire i danni e le perdite dovute agli eventi catastrofici. Nessun richiamo sull’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili che potrebbero consentire di recuperare risorse essenziali per finanziare le azioni di mitigazione, adattamento e le politiche di giusta transizione.

È sicuramente positivo che il piano sia stato adottato ma non è sufficiente. Ora è assolutamente urgente accelerare i tempi per l’istituzione dell’osservatorio e avviare i lavori con il coinvolgimento effettivo delle parti sociali e della società civile organizzata, pianificando le azioni, individuando priorità di azione e risorse certe e adeguate per la loro realizzazione in un contesto di giusta transizione.

Simona Fabiani, Responsabile delle politiche per il clima, il territorio e l'ambiente e giusta transizione Cgil