L’automobile elettrica, genere non proprio a buon mercato, rischia di diventare un lusso per pochi. Un ulteriore elemento di disuguaglianza in un mondo sempre più diviso tra chi può spendere e chi non può. Un lusso che però, nella cosiddetta transizione verde e in piena emergenza ambientale, nessuno può permettersi. Un lusso illogico. Se il mondo si dividerà tra chi circola su veicoli elettrici da 30-40 mila euro, e chi deve accontentarsi di mezzi a carburante e, alla fine, resta proprio a piedi, con zone urbane off limits, divieti di circolazione e trasporti pubblici inadeguati (vedi alcune aree metropolitane italiane, ad esempio), sarà una sconfitta per tutti.

Lo studio Etui

Sul tema è tornato di recente, in un approfondimento (Sulla strada per l'elettromobilità: un futuro più verde ma più disuguale?), l’Etui, l’istituto di ricerca del sindacato europeo, richiamando l’attenzione su due questioni allarmanti. Da un lato il destino non proprio chiaro della forza lavoro europea impiegata nell’automotive. Quei circa 14 milioni di lavoratrici e lavoratori da tutelare nella transizione industriale verso la mobilità elettrica. Dall’altro lato la necessità che le fabbriche europee si mettano a produrre anche auto entry level, ossia più piccole ed economiche, alla portata di tutte le tasche, mentre ora spingono solo su segmenti di fascia alta e sui mostruosi Suv. 

L’Etui parla di “rischi occupazionali e crescenti disuguaglianze, se i produttori europei continueranno ad abbandonare i segmenti di mercato inferiori dei veicoli elettrici lasciandoli ai concorrenti stranieri”. Le case automobilistiche puntano su auto di grandi dimensioni alla ricerca del profitto, e la strategia delle varie Volkswagen, Stellantis e Bmw non sembra cambiare nemmeno con le auto elettriche. 

Solo auto per ricchi?

Si tratta - ammoniscono i ricercatori dell’Etui - di un “continuo spostamento verso l'alto” che, anche “a causa degli scarsi investimenti nel trasporto pubblico e in soluzioni di trasporto integrate”, fa aumentare il pericolo di una “mobilità di classe”. O, detta in altri termini, di una mobilità per ricchi.

Per l’istituto di ricerca sindacale si deve correre ai ripari, e lo si deve fare garantendo che le auto europee di piccole dimensioni non spariscano. Gli incentivi per la costruzione di veicoli elettrici dovrebbero essere erogati sulla base di politiche industriali che tengano conto di questa priorità – si legge nello studio –, dovrebbero quindi “sostenere i modelli entry level made in Europe”. L’Ue, insomma, deve regolamentare questo mercato, altrimenti la maggior parte dei ricavi delle utilitarie vendute in Europa sarà generata in Cina

Il dominio cinese

“Il mancato aumento della fornitura di veicoli elettrici a batteria in Europa – prosegue l’Etui – potrebbe quindi comportare che i produttori stranieri offrano modelli a prezzi accessibili e conquistino un'ampia quota del mercato di massa in Europa. E con il mercato di massa arriva l'occupazione di massa”. 

La Cina, in effetti, è diventata rapidamente il leader globale nel settore dell’auto elettrica, sia per le vetture prodotte che per i veicoli in uso. Ed è dominante anche quanto a produzione e sviluppo di batterie elettriche. Un’altra area in cui l’Europa rischia di essere emarginata, se prendiamo con la dovuta attenzione una delle ultime notizie al riguardo, ossia l’accordo tra la Gotion High-Tech (multinazionale a guida cinese) e il governo marocchino per la costruzione di una gigafactory di batterie in Nordafrica, che creerà secondo le stime 25 mila posti di lavoro.

L’occupazione europea da difendere

Parlando di occupazione – osserva il ricercatore Etui Bela Galgóczi nell’introduzione allo studio –, “nessuno dei 14 milioni di posti di lavoro nel settore rimarrà intatto. Milioni di posti di lavoro scompariranno, mentre se ne stanno creando altri seppur con del tutto nuovi profili professionali e requisiti di competenze”. Ma per l’analista i rischi occupazionali aumenteranno se le case auto europee continueranno a snobbare i segmenti di mercato inferiori, lasciandoli ai cosiddetti disruptor, appunto ai nuovi marchi cinesi che stanno entrando nel mercato auto con le vetture elettriche.

Regolamentare le batterie

L’Etui ci avverte anche che la fissazione dei brand europei sui veicoli elettrici di fascia alta “non solo solleva interrogativi di giustizia sociale ma, rallentando il cambio di flotta, sta anche mettendo a dura prova il raggiungimento degli obiettivi per la tutela dal cambiamento climatico”. Produrre e vendere un Suv elettrico, infatti, comporta “una maggiore impronta di carbonio per le batterie più pesanti, ma anche un più alto livello di estrazione di minerali”. La formula è semplice: “Più pesante è l'auto, più pesante (e costosa) la batteria”, conclude Galgóczi. Anche su questo piano, una seria regolamentazione europea potrebbe essere utile.