“Lavoro 8 ore al giorno, sto in ufficio dalle 9 alle 17, vengo pagata 500 euro al mese. Il pagamento però arriva ogni due mesi. Dicono che il mio è un tirocinio formativo: ma lavoro dalla mattina alla sera, non ho tempo per fare altro. A me sembra un lavoro vero”. Giulia M. ha 28 anni, vive a Roma, è laureata al Dams: da poco ha iniziato a lavorare nell’ambito del progetto Garanzia Giovani, applicazione del governo italiano del piano europeo di Youth Guarantee, il programma di avviamento al lavoro per ragazzi tra 15 e 29 anni. Presentando il piano in conferenza stampa, il 20 giugno 2014 il ministro del Lavoro Poletti si disse “600 volte contento” per le prime 600 offerte di lavoro messe sul piatto da 90 aziende in tutta Italia.

Giulia invece è meno contenta, quando mi racconta come va il suo tono si fa amaro. “A ottobre ho avuto un colloquio con una cooperativa di Roma che si occupa di turismo. Poi mi hanno richiamato: 'Ti prendiamo ma devi iscriverti a Garanzia giovani’, hanno detto. Così la Regione Lazio paga 400 euro al mese, l’azienda ci mette 100 euro e ricevo il mio stipendio”. Un assegno, però, non proprio adeguato al lavoro che svolge. "Dovremmo lavorare 35 ore settimanali, 140 al mese. Il minimo per ricevere i soldi sono 98 ore al mese, chi scende sotto quella soglia non percepisce nulla”.

Il salario, anche tecnicamente, non è facile da ottenere. “Lo stipendio ufficialmente viene pagato ogni due mesi dalla Regione, tramite l’Inps - prosegue -. Io lavoro due mesi, finito il bimestre mando per raccomandata alla Regione una serie di documenti, in cui certifico che ho svolto quel monte di ore. Poi aspetto che mi arrivi a casa un assegno postale. Questo ci mette un’altra ventina di giorni. Infine devo andare alle Poste per incassare l’assegno”. Dal momento in cui inizia a lavorare, dunque, il giovane vede i primi soldi dopo circa 80 giorni.

Insomma, le chiedo, com’è la tua giornata? “Non facile. Mi alzo la mattina e vado a lavoro con i mezzi pubblici, resto in ufficio dalle 9 alle 17 dal lunedì al venerdì. Lo chiamano tirocinio formativo, ma lo è fino a un certo punto: lavorando 8 ore al giorno per me è un lavoro vero, non ho tempo di fare altro e integrare lo stipendio. Non prendiamoci in giro: non è solo formazione”.

Il titolo del piano è bugiardo: di garanzie per i giovani ce ne sono poche. Anzi c’è un problema monetario: “Pago l’abbonamento dell’autobus, mi preparo il pranzo a casa per non comprarlo fuori. Sto spendendo molti più soldi di quando non lavoravo, ne ho di meno visto che non sono passati 80 giorni e ancora non mi hanno pagato. Per ora lavorare è solo un costo”.

Il fallimento di Garanzia giovani in alcuni casi è clamoroso, come ha osservato la Cgil Campania spiegando che in quella Regione le offerte di lavoro sono pari a zero. Nel suo caso, Giulia ha un contratto di sei mesi che è rinnovabile per altri sei.“C’è anche chi sta peggio di me. Conosco una ragazza che ha dovuto pagare 180 euro di assicurazione per poter lavorare in un’azienda sotto Garanzia giovani”. Le imprese come si comportano? “Nel mio ufficio l’1 marzo sono arrivati quattro nuovi tirocinanti con Garanzia, prendono solo gli iscritti al programma per sostenere un costo del lavoro il più basso possibile. Dopo i secondi sei mesi un terzo rinnovo non è possibile, allora ti mandano a casa senza offrirti un altro contratto”. E forse non sono tutti contenti, Poletti permettendo.