"Eccoci dunque arrivati all’ultimo atto. Dopo oltre 40 anni, da quando una legge illuminata, (la n. 800 del 1967), ha trasformato una decina di teatri italiani, gestiti da altrettanti impresari privati, in un vero e proprio comparto culturale del patrimonio e della tradizione musicale italiana, includendolo nei beni costituzionalmente protetti, uno sparuto gruppo di ministri, più o meno significativi, coadiuvati, dalla quattordicesima legislatura in poi, da un unico “uomo al volante”, che ha rappresentato in questi anni la continuità nell’azione, rivelatasi devastante e destrutturante attraverso le varie leggi succedutesi in materia, stanno riuscendo nell’impresa di cancellare il patrimonio lirico sinfonico italiano". È quanto denunciano Slc, Fistel e Uilcom in una nota unitaria.
 
"Si cominciò, infatti, con una sistematica riduzione delle risorse annualmente destinate al settore, e da una legge di riforma totalmente sbagliata, peraltro mai compiutamente conclusa (la legge 367 del 1996) che, ideata alla Bocconi di Milano e trasformata in legge dall’allora ministro Veltroni, fu emanata nel vano tentativo di arrivare gradualmente all’entrata in concorso di privati, che avrebbero trasformato 'le fallimentari gestioni pubbliche' in proficue gestioni private: tutto ciò, per chissà quale processo di mecenatismo, visto che mai si è preso in considerazione un qualsiasi sistema attrattivo sulle risorse, neanche l’universalmente adottata defiscalizzazione”, proseguono le sigle di categoria.
 
"Si proseguí poi con le ignominiose e fallimentari gestioni del Mibac degli ultimi otto anni (2005 – 2013), che hanno visto avvicendarsi al loro vertice ben sei 'eccellentissimi' ministri: Giuliano Urbani (11 giugno 2001 - 22 aprile 2005), Rocco Buttiglione (23 aprile 2005 - 2 maggio 2006), Francesco Rutelli (17 maggio 2006 - 8 maggio 2008), Sandro Bondi (8 maggio 2008 - 23 marzo 2011), Giancarlo Galan (23 marzo 2011 - 16 novembre 2011) e Lorenzo Ornaghi (16 novembre 2011 - 28 aprile 2013). Tali gestioni, tutte supportate dall’azione continuativa ed ispiratrice del plenipotenziario direttore generale dello spettacolo (spesso anche capo di gabinetto e commissario di numerose fondazioni Lirico-Sinfoniche italiane) Salvatore Nastasi, hanno registrato, attraverso la destrutturazione della legge 800, non un’idea riformatrice ma un pesante vuoto di proposte e di indirizzo; il tutto si è tradotto: nella emanazione di un mascherato emendamento in una legge sull’università, a firma Asciutti (legge 43/2005); 'un’illuminata pseudolegge' di riforma, firmata Bondi, e un paio di schemi di decreti ministeriali, ideati e sottoscritti dallo stesso onnipresente Nastasi", aggiungono le tre sigle.
 
"Adesso l’appena nominato ministro Massimo Bray (in carica dal 28 aprile scorso), con l’imminente traduzione dello schema di decreto, si troverà ad assistere all’implosione del settore, a partire dal teatro del Maggio Musicale Fiorentino, dal teatro Carlo Felice di Genova e dal teatro Lirico Luigi da Palestrina di Cagliari. Sarebbe importante capire perché un patrimonio culturale, protetto costituzionalmente, debba essere distrutto o annullato per selezione darwiniana, come sta facendo a Firenze il sindaco/presidente Renzi o a Cagliari il sindaco/presidente Zedda, invece di tentare il salvataggio, come nei fatti stanno tentando i lavoratori di tutte le fondazioni in sofferenza, che hanno versato nelle casse dei loro teatri parte del proprio Tfr, parte dei loro integrativi e subìto pesanti riduzioni negli organici. Non comprende il sindaco Renzi che la dichiarata volontà di liquidare il Maggio Musicale Fiorentino metterà in serio e fondato allarme gli istituti di credito interessati?", si chiedono ancora i sindacati.
 
"Dobbiamo trovare i veri responsabili delle fallimentari gestioni di quei teatri, come di tanti altri nel territorio nazionale, tutti diretti da sovrintendenti e strutture dirigenti scelte dai rispettivi consigli di amministrazione, tutti teatri operanti sotto il diretto controllo dei sindaci presidenti dei consigli di amministrazione, dei rappresentanti dello Stato, della Corte dei Conti, dei rappresentanti del Comune, della Provincia e della Regione, dei quattro ministeri interessati quali Mibac, Tesoro, Sviluppo e Lavoro, che hanno potuto creare, ad oggi, un deficit complessivo tra tutte le Fondazioni lirico–sinfoniche Italiane stimabile in 330 milioni. È arrivato il momento che tutti i responsabili del disfacimento prodotto dalle ultime 'pseudoriforme' della cultura musicale italiana, traggano le indispensabili conseguenze, lasciando ad altri il compito di tutelare i valori artistici della nazione", proseguono Slc, Fistel e Uilcom.
 
"Liquidare, licenziare, precarizzare lavoro e lavoratori, distruggere preziose professionalità tecniche, cancellare con un tratto di penna importanti esperienze in campo amministrativo e dei servizi, smembrare le compagini artistiche e chiudere definitivamente i centri di produzione musicale italiana, che pure l’intero mondo ci invidia e ci sprona a valorizzare, è questo l’obiettivo che si sta perseguendo? Questo è un grande patrimonio, nonostante l’insipienza della nostra classe politica che, genericamente, si ostina a voler definitivamente affondare o al massimo a voler sostenere solo “i grandi eventi” di Bertolasiana memoria", aggiungono i sindacati.
 
A tale scopo, nell’indire lo stato di agitazione nazionale, chiediamo al ministro Bray che venga dichiarato lo stato di crisi nazionale dell’intero settore, l’ufficiale apertura di un tavolo interministeriale, per individuare tempestivamente adeguate risposte alle emergenze in atto, concrete e funzionali azioni per arrestare l’involutiva azione destabilizzante, creata dalle reiterate azioni legificatorie  adottate negli ultimi anni e individuare i principi guida che portino finalmente a una vera riforma di legge, in grado di garantire il pieno sviluppo e il rilancio della cultura musicale italiana", concludono i sindacati.