Anche questa settimana, come ormai gli capita da un po’ di tempo, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha accusato i sindacati di immobilismo. “Si tratta di una posizione sorprendente – ha detto Franco Martini, segretario confederale Cgil, intervenuto questa mattina su RadioArticolo1 (qui il podcast) –. Abbiamo già manifestato la nostra disponibilità a un confronto che abbia come oggetto l'aggiornamento delle politiche contrattuali. Tuttavia abbiamo al tempo stesso affermato che questo confronto non può essere alternativo a quello dei rinnovi contrattuali, a partire dai settori dove sono già state presentate le piattaforme".

Il fatto però è che mentre Squinzi sostiene che le due cose non sono alternative, "in realtà le ‘sue’ federazioni di settore hanno bloccato l'evoluzione dei negoziati – ha aggiunto il sindacalista –. È evidente poi che Confindustria non vuole mettere al centro della discussione il tema più complessivo dell’aggiornamento delle politiche contrattuali, ma, essenzialmente, quello dei salari, con l'obiettivo di determinarne una riduzione. Insomma: non siamo immobili, semplicemente vogliamo andare in un’altra direzione”.
 

 

A spiegare l’irrigidimento di Squinzi, per Martini c’è anche il fatto che ci si sta avvicinando alla scadenza del suo mandato da presidente; quindi è probabile che “i suoi toni più duri corrispondano a un'esigenza tutta interna alla Confindustria”. Tra le accuse mosse di recente ai sindacati quella forse più “antipatica” è di essere “attaccati ai soldi”. “È stupefacente – attacca il dirigente Cgil – che un'associazione come quella che rappresenta gli imprenditori, sempre attenta alle dinamiche economiche, sottovaluti un dato sul quale si stanno confrontando tutti i paesi europei: e cioè che la ripresa dei consumi è una delle leve fondamentali per il rilancio di una crescita economica e che i consumi sono direttamente legati ai redditi delle persone, sia di quelle che lavorano sia di quelle che sono in pensione”. Se si abbassano i salari poi gli imprenditori italiani dovranno dirci chi andrà a acquistare i prodotti dell'industria manifatturiera. Queste posizioni in definitiva rispecchiano la natura del capitalismo italiano: e cioè la scarsa vocazione alle sfide dell'innovazione, lo scarso coraggio e la scarsa intraprendenza”.

Comunque, quali orientamenti prevarranno tra le controparti, ha concluso il segretario confederale della Cgil, si vedrà nei prossimi giorni dagli atteggiamenti delle federazioni di settore – chimici e alimentaristi – alle quali sono state presentate le piattaforme: “È chiaro che se non ci saranno gli incontri che abbiamo chiesto, il sindacato non può rimanere immobile. O parte il confronto o ci sarà la mobilitazione. Lunedì e martedì prossimi (5-6 ottobre, ndr) la Cgil terrà il suo direttivo nazionale dedicato proprio a questi temi. Si farà una valutazione complessiva e decideremo le iniziative da mettere in campo”.