Torniamo a parlare degli ultimi dati sui morti e gli infortuni sul lavoro, presentati dall’Inail nella sua relazione annuale. I media hanno sottolineato il minimo storico delle morti sul lavoro accertate - 660 - e il calo delle denunce, numeri che proseguono una serie positiva dal 2010 in poi. Quindi una buona notizia che però va ponderata: come sottolinea la Cgil, infatti, i dati vanno interpretati nel contesto della crisi. Il combinato disposto di precarietà, aumento della disoccupazione, crescita degli ammortizzatori sociali abbatte di fatto il numero delle denunce di infortuni e di malattie professionali, abbatte di fatto il numero delle persone che al lavoro ci stanno.

“Il primo aspetto positivo che ho notato - commenta Sebastiano Calleri, responsabile prevenzione e sicurezza e salute della Cgil nazionale, nel corso della trasmissione Italia Parla di RadioArticolo1 (qui il PODCAST) - è stato finalmente un'ammissione che per noi è molto importante, come Cgil, ma che lo è soprattutto per i lavoratori, ossia l'ammissione della non completezza dei dati Inail. I dati dell'Inail si riferiscono solamente agli assicurati Inail, quindi non coprono l'intero perimetro del mondo del lavoro. Ad esempio non sono comprese le forze armate di polizia, il corpo nazionale dei Vigili del fuoco - e sappiamo quanto è esposto - i volontari della Protezione civile, e un'altra serie di settori”.

“L'Inail però - spiega Calleri - fa una cosa positiva perché, nella figura del suo maggior rappresentante, dice che è disposto finalmente a ricevere ed elaborare i dati per compensare il perimetro. In realtà i segnali c'erano già stati l'anno scorso, quando il presidente dell'Inail aveva presentato il progetto Open data per rendere trasparente e accessibile il più possibile i dati al maggior numero di utenti interessati ma anche alla popolazione in generale. Anche quest'anno il presidente ha fatto una disamina di quello che è stato fatto sul progetto Open data e ci sembra che sia andato nella giusta direzione. Noi prendiamo l'occasione per dire che il famoso sistema italiano, nazionale, informativo della prevenzione, il famoso Sinp previsto dal decreto legislativo 81, avrebbe dovuto essere già avviato, ossia doveva esistere un luogo in cui tutti gli enti preposti, ma anche i sindacati, anche i lavoratori, avrebbero potuto vedere in tempo reale i dati per programmare le politiche ognuno nella propria competenza, nel proprio ruolo, di prevenzione in Italia. Questa iniziativa non è stata ancora attuata, forse giace nei famosi decreti attuativi di cui il governo Renzi si preoccupa tanto”.

“Riguardo invece alla questione dei dati assoluti sugli infortuni e le malattie professionali - prosegue Calleri -, allora intanto diciamo una cosa, questa prima relazione del presidente si riferisce, ovviamente, a dei dati che lo stesso Inail non considera ancora perfettamente consolidati. Se poi non ci si sofferma solo sugli infortuni mortali, pure importanti, in realtà si vede che c'è ben di più: ancora quest'anno c'è un incremento di un po' più del 47% nella denuncia di malattie professionali. I lavoratori, positivamente e giustamente, cominciano a denunciare le malattie professionali contratte, grazie anche all'opera di sensibilizzazione che si è fatta da parte dell'Inail e dei sindacati. Però bisogna capire anche come agire per diminuire queste malattie che hanno un costo per la società e per le persone”.

“Dal rapporto - spiega il dirigente sindacale - emerge poi un calo degli assicurati banalmente dovuto al fatto che le aziende pagano il premio rispetto al numero dei lavoratori, ma le aziende chiudono, sono in piena crisi per cui c'è un decremento dei contributi, decremento in realtà però non dovuto semplicemente alla crisi ma anche al fatto che la legge di stabilità di quest'anno prevede una diminuzione dei contributi da parte dello Stato all'Inail nella misura di 500 milioni di euro annui. Altra notizia invece positiva è la rivalutazione del danno biologico e anche l'ampliamento del rimborso per i farmaci durante l'inabilità al lavoro temporaneo assoluta”.

Per quanto riguarda le malattie professionali, per Calleri “è necessario un intervento del governo. Noi l'abbiamo detto in tutte le manifestazioni che in questo periodo abbiamo fatto a seguito della nostra piattaforma unitaria sulla questione amianto: ci vuole un lavoro di coordinamento intanto fra le istituzioni preposte - che sono il ministero della Salute, il ministero del Lavoro e il ministero dell’Ambiente - e poi però vanno trovate le risorse, perché per fare le prime piccole cose, piccole ma grandi secondo noi, vanno trovati i soldi, il problema delle bonifiche è un problema economico, il problema della ricerca scientifica è anch'esso oltre un problema delle risorse umane un problema di risorse economiche, non si può pensare che si risolva il problema dell'amianto solo elargendo benefici economici attraverso il fondo vittime dell’amianto”.

Sul fronte della vigilanza e dei controlli, in pieno regime di spending review, Calleri ammette che “la situazione è molto confusa. C'è stata una dichiarazione del ministro Poletti, il quale ha detto che probabilmente per questioni di disorganizzazione bisogna rimettere mano ai servizi ispettivi, accentrando tutte le funzioni ispettive, non solo il ministero del Lavoro ma anche delle Asl che rispondono alle regioni, nella figura dell'Agenzia unica per le ispezioni sul lavoro, in cui dovrebbero confluire anche gli ispettori che si occupano di salute e sicurezza.

Si tratta ancora di un annuncio, però, ancora non abbiamo visto nessun tipo di testo relativo. Inoltre il problema non è tanto, come sindacati, essere o meno contrari a una innovazione della pubblica amministrazione. Il problema è come si fanno le cose e con quali risultati, cioè se si pensa che i servizi si vogliono far funzionare meglio e quindi finanziarli in maniera corretta e quindi evitando gli sprechi ed evitando le ripetute visite alle stesse aziende, come ha dichiarato il ministro Poletti, si può fare. Ma la situazione - prosegue Calleri - non è esattamente quella descritta dal governo, nel senso che purtroppo in Italia la maggior parte delle aziende viene ispezionata in maniera bassissima. Gli stessi dati dell'Inail non sono così confortanti sulle ispezioni: quell’87,3% delle aziende visitate dagli ispettori dell'Inail che, rispetto alla sicurezza e ai premi versati, erano irregolari, dimostrano che qualche problema in questo Paese c’è. E se si vede l'ammontare complessivo dei contributi recuperati dall'Inail attraverso l'attività ispettiva, ci si accorge che anche la generalizzazione dei contributi è un problema molto grande. Quindi la Cgil dice: attenzione a non essere preclusi pregiudizialmente ai progetti di innovazione, però attenzione anche ai dati reali e non solamente all'allarmismo vuoto”.