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Dopo la grande assemblea cittadina del 25 gennaio a palazzo Massimo, le lavoratrici e i lavoratori del ministero dei Beni culturali, lunedì 1 febbraio, dalle 15,30 alle 17,30, portano la loro protesta fin sotto l'ingresso del dicastero di via del Collegio romano, invitando le associazioni e i parlamentari che sono stati chiamati a confrontarsi sui rischi che nasconde il decreto di Franceschini e a chiederne il ritiro.
"Ancora non è stata completata la riforma del 2014, che già discutiamo un nuovo disegno di legge – affermano Fiorella Puglia, Fp Cgil Roma e Lazio, Andrea Nardella, Cisl Fp Roma e Lazio, e Franco Taschini, Uil Pa Roma e Lazio –. Una riforma che non prevede alcun confronto, che non tiene conto dello stato in cui versa il Mibact, e che quindi desta preoccupazione tra i lavoratori. La suddivisione, oggi proposta per il Lazio, appare sotto molti punti di vista incomprensibile: Al polo museale si aggiungono nuovi istituti culturali, mentre si staccano Villa Adriana, Villa d'Este e il Polo Eur; parchi archeologici nascono dallo smembramento dell'attuale soprintendenza del Colosseo; l'archeologica del Lazio ed Etruria accorpa anche le belle arti e il paesaggio.
"Unità smembrate, come il parco archeologico dell'Appia antica, che rischiano di essere cedute a privati e consegnate agli interessi della speculazione. A tre giorni dalla firma sul decreto di riforma, il 25 gennaio il ministro ha avviato la procedura di mobilità volontaria del personale, attesa da mesi e necessaria per il rilancio del Mibact. Ma le destinazioni della mobilità sono i posti di lavoro pre-riforma, in via di cancellazione o modifica: la soprintendenza belle arti e paesaggio Roma, l'archeologica Lazio ed Etruria, la soprintendenza Colosseo e museo nazionale romano. Così la mobilità è una beffa per i lavoratori, e rischia di produrre effetti contrari a quelli indicati dalla riforma", concludono i tre dirigenti sindacali.