Licenziata dal lavoro perchè è incinta. Questa la storia di Elisabetta Collu, 30enne di Assemini in provincia di Cagliari, che lavorava da quattro anni come "merchandiser" precaria all'ipermercato Carrefour di San Sperate. E' la denuncia che arriva oggi (20 novembre) dal Nidil Cgil in un comunicato.

Il sindacato dei precari racconta la storia della ragazza. Alcuni mesi dopo aver scoperto di essere incinta, Elisabetta lo ha comunicato regolarmente alle agenzie e cooperative di distribuzione per cui è impiegata all'ipermercato, insieme alla stessa direzione di Carrefour. L'8 ottobre la lavoratrice è stata fermata all'ingresso del negozio dai dipendenti della vigilanza: questi le hanno impedito l'ingresso sul luogo di lavoro dietro ordine della direzione.

Alla sua richiesta di spiegazioni, le viene risposto che non può più lavorare perché in gravidanza. Dopo varie insistenze da parte del sindacato, l’azienda comunica che il rientro alla lavoratrice è precluso senza l’esibizione di un certificato medico che attesti la sua idoneità a lavorae. Il certificato viene prodotto e la lavoratrice reintegrata per due giorni, passati i quali viene nuovamente invitata ad allontanarsi. A quel punto, anche le stesse agenzie di distribuzione, che in un primo tempo si erano prodigate per il suo reintegro, la lasciano al suo destino.  

"Essere cacciata dal luogo di lavoro perché incinta – si legge nel comunicato del Nidil di Cagliari – è di per sé un fatto lesivo della dignità della donna, ma assume una connotazione ancora più drammatica quando la lavoratrice che ne rimane vittima, vista la sua appartenenza alla schiera dei lavoratori con contratti atipici, non gode di una piena tutela".

"Stigmatizziamo il comportamento delle aziende coinvolte – prosegue la nota - ritenendolo lesivo della dignità della lavoratrice, e continuiamo comunque a ritenere inaccettabile l’utilizzo di tipologie contrattuali atipiche per mansioni riconducibili al rapporto di lavoro subordinato". Si tratta di un abuso, conclude il sindacato, che porta "non solo ad una precarizzazione delle condizioni lavorative di un individuo, ma ne determina anche una precarizzazione delle condizioni di vita, tanto da condizionarne pesantemente le scelte ed il futuro".

Carrefour ha diffuso una nota per rispondere, sostenendo che la lavoratrice dipende da una società terza. "La direzione del punto vendita si è messa in contatto con il fornitore per tutte le valutazioni del caso, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori - si legge nel comunicato -. Non avendo ricevuto nessuna risposta dalla società, Carrefour si è vista costretta a sospendere il servizio con il fornitore fino a quanto non riceverà i chiarimenti del caso".