Per i 187 lavoratori della K-Flex di Roncello, in Brianza, oggi (giovedì 11 maggio) è il giorno della verità. Il giudice del lavoro di Monza, con udienza fissata alle 14.30, deciderà in merito alla procedura di licenziamento collettivo avviata dalla multinazionale. Procedura impugnata dai sindacati sulla base di un accordo del 28 dicembre scorso, con il quale l’azienda si impegnava a non ridurre il personale per l’intero 2017. “Confidiamo che la giustizia – hanno dichiarato Filctem Cgil e Femca Cisl – possa restituire ai lavoratori i loro diritti e il rispetto degli accordi sindacali sottoscritti”.

L’udienza doveva già svolgersi il 4 maggio scorso, ma è stata rinviata di una settimana perché la K-Flex ha reso disponibile la propria memoria difensiva solo all’ultimo, scegliendo “di non consentire – ha spiegato la Cgil Lombardia – ai sindacati e al giudice di valutarne e discuterne il contenuto”. Un atteggiamento ostile, come ostile è stato il fatto di aver inviato (il 27 aprile scorso) le 187 lettere di licenziamento “senza attendere il pronunciamento del giudice, mettendo in atto l'ennesima arrogante forzatura”.

“La K-Flex, senza alcuna ragione, se non quella del profitto, ha deciso di trasferire in un altro paese le produzioni che da sempre svolgeva in Italia”. Così ha scritto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, in una lettera inviata ai lavoratori dell’azienda in occasione del Primo Maggio. “Ha tolto il lavoro – ha aggiunto – a chi in questi anni ha contribuito in modo determinante con fatica, con impegno e competenza a farla crescere”. Camusso ha poi garantito il massimo impegno della Cgil affinché “si facciano seri provvedimenti sulle delocalizzazioni. 
Non può essere che un’azienda italiana, in attivo, senza alcuna ragione industriale, se non quella di pagare meno i lavoratori, trasferisca all’estero le produzioni e che dal governo non si alzi una voce, si ponga un problema, si metta in atto un’azione di persuasione”.

La K-Flex, azienda leader nel campo degli isolanti termici e acustici per edilizia e industria, è di proprietà della famiglia Spinelli. Ha impianti produttivi in 11 paesi, per complessivi 2 mila addetti. Soprattutto è un’impresa in salute: ha bilanci in attivo (nei prossimi due anni dovrebbe superare i 500 milioni di fatturato), acquista altre aziende (come la francese Sagi Arma Decoup) e annuncia investimenti rilevanti negli Stati Uniti.

Lo stabilimento di Roncello, dichiara la multinazionale, è in rosso: nel periodo compreso tra il 2013 e il 2015 avrebbe perso 4 milioni di euro. I sindacati, da parte loro, accusano invece la società di voler chiudere in Italia per poter spostare tutto in Polonia, dove è già attivo un impianto con circa 250 dipendenti. La decisione di chiudere sembra inamovibile: l’unica concessione da parte dell’azienda è quella di assegnare 30 mila euro lordi di buonuscita a ogni dipendente. I sindacati, infine, rimarcano anche il fatto che la K-Flex ha usufruito negli anni di consistenti prestiti pubblici (pari a 13 milioni di euro) per la ricerca: “una buona parte”, ha dichiarato l’azienda, sono già stati restituiti, mentre l’ultima tranche è stata bloccata dal ministro per lo Sviluppo economico Calenda.