“Il provvedimento nasce da un'esigenza corretta, garantire un reddito dignitoso a persone che sono in condizioni di povertà. Però c’è un vuoto di progettualità e questo, per un investimento di tale portata economica, rischia di essere un problema. Se le stesse risorse fossero state investite per beni pubblici, per dare lavoro pubblico e creare sostegno agli investimenti privati al fine di generare occupazione, welfare e infrastrutturazione sociale, forse i dati di crescita sarebbero diversi da quelli ipotizzati dall’Istat e dalla Svimez, secondo cui il moltiplicatore in termini di produzione del Pil sarà molto basso”. Lo afferma la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti intervistata da RadioArticolo1 dopo l’audizione in Senato dei sindacati sul reddito di cittadinanza. “È comunque importante – sottolinea Scacchetti – il fatto che siamo stati in grado di consegnare una valutazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil mandando un segnale di compattezza del sindacato confederale”.

Tornando sul merito, “apprezziamo qualunque misura di contrasto alla povertà – chiarisce la sindacalista – ma deve essere accompagnata da una rilancio degli investimenti, dalla generazione di proposte di lavoro, da una seria politica industriale, da nuove infrastrutture materiali e immateriali a partire dall'istruzione e dalla formazione. Altrimenti, non è una misura in grado di far uscire davvero le persone dalla povertà e far crescere il Paese”, perché la povertà è determinata da molte dimensioni. Perciò “abbiamo insistiamo sul rafforzamento dei servizi sociali dei Comuni, chiedendo che ci sia una presa in carico multidimensionale che accompagni i soggetti nelle diverse necessità che hanno”. Tanto più se guardiamo alla legge di stabilità “che non fa niente per quelle cose, anzi, sottrae risorse agli investimenti e taglia in alcuni capitoli essenziali come welfare e istruzione”.

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“Un difetto francamente intollerabile – spiega Scacchetti – è l‘esclusione dei cittadini non residenti da almeno dieci anni per una misura che teoricamente dovrebbe avere il carattere dell'universalità: è un messaggio sbagliato al Paese perché non si risponde rispetto al criterio del bisogno, ma con una selezione a monte”. Stesso giudizio negativo per le sanzioni penali: “Sono quasi esclusivamente rivolte ai beneficiari, fino a prefigurare l'arresto da due a sei anni. Sono sanzioni nettamente sproporzionate rispetto al nostro sistema, lo ha sottolineato nella lettura del provvedimento lo stesso ufficio legislativo del Senato. Mentre per i datori di lavoro non è prevista alcuna sanzione”.

C’è poi il tema dei navigator. “Lo abbiamo segnalato con preoccupazione. Non certo perché non vogliamo che vengano rafforzate le professionalità che si muovono in questo ambito, ma perché è incoerente pensare che lavoratori precari si occupino di far uscire le persone dalla precarietà o dalla condizione di non lavoro. Non c’è una prospettiva stabile, si presuppone che questi 6 mila navigator siano inviati ai centri per l'impiego, ma non si sa in quale relazione anche rispetto alla titolarità delle Regioni. Per adesso si presume vengano assunti da Anpal servizi con contratti precari, ma quella è una società che ha già oggi ha nel suo organico oltre il 60 per cento di lavoratori non stabili. Il rischio – conclude – è generare una guerra tra poveri”.

(mm)