“Noi non lasciamo gli uomini in mare”. La frase di Terraferma, pronunciata dall’anziano contadino che viola la legge sui “respingimenti” introdotta dal governo, è il simbolo della 68esima edizione del Festival di Venezia. E’ stata una selezione molto attenta al sociale, quella vista al Lido dal 31 agosto al 10 settembre 2011: film su tematiche d’attualità sono passati in tutte le sezioni, dal Concorso agli eventi collaterali, con particolare attenzione per la politica, i migranti, il G8 di Genova e la situazione dell’Iran.

Il Leone d’oro alla maestosa versione di Faust, firmata dal regista russo Aleksandr Sukorov, è stata invece l’occasione per celebrare un grande cineasta a lungo censurato dall’Unione sovietica.

Un piatto ricco di riflessioni, dunque, a partire dalla pellicola di Emanuele Crialese che ha vinto il Premio speciale della giuria. Terraferma, ambientato su un’isola siciliana, racconta di una comunità di pescatori che salva un’immigrata clandestina: la donna viene raccolta in acqua e aiutata a partorire, contro le leggi dello Stato che vietano di soccorrere i migranti alla deriva. Attraverso il consueto sguardo sul mare (come sempre in Crialese) si pone il dilemma: lasciar morire i clandestini o infrangere la legge? I vecchi lavoratori dell’isola non hanno dubbi, rispettano le regole del mare senza temere conseguenze.

Il premio Controcampo Doc, rassegna dedicata ai documentari impegnati, è andato a Pugni chiusi di Fiorella Infascelli. Il film racconta la lotta degli operai della Vinyls per evitare la chiusura dell’impianto, dall’occupazione dell’isola dell’Asinara fino alla soluzione positiva della vertenza. Al centro le voci dei lavoratori, l’esperienza di mobilitazione, il loro motto: “Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”.

Ma non c’è solo l’Italia alla Mostra: è stato apprezzato all’unanimità il documentario del regista americano Jonathan Demme, I’m Carolyn Parker. Demme torna nelle zone colpite dall’uragano Katrina: a intervalli irregolari intervista la sua protagonista, una donna nera di New Orleans che lotta per la ricostruzione delle zone più povere della città. Il film cattura i lenti progressi dopo la tragedia, ma soprattutto i lavori infiniti, le speculazioni, i fondi mancanti e le licenze che non arrivano; davanti a questo spaccato è automatico pensare alla difficile ricostruzione dopo i disastri naturali, anche a casa nostra nel terremoto dell’Aquila.

La selezione si sposta in Cina per il film a sorpresa del Concorso, People mountain people sea di Cai Shangjun: una storia di vendetta (un uomo cerca l’assassino del fratello) ambientata nella provincia di Guizhou, la regione delle miniere cinesi. La seconda parte segue la vita dei minatori: questi si muovono in condizioni precarie, al buio nei cunicoli sotterranei, dove lavorano anche molti bambini. Nelle loro degradanti condizioni, con i volti anneriti dal lavoro, per gli operai la disperazione, la violenza e il suicidio diventano ipotesi concrete.

Dall’Iran arriva l’evento speciale del Festival: This is not a film di Jafar Panahi e Mojtaba Mirtahmas. Il caso internazionale di Panahi è esploso a marzo 2010: il regista è stato condannato a sei anni di reclusione per aver partecipato alle manifestazioni contro il regime di Ahmadinejad. Il documentario lo mostra sua abitazione in attesa della sentenza, egli racconta la situazione del Paese e del cinema iraniano. Poco dopo le riprese il regista è stato condotto nella prigione di Teheran.

Tornando in Italia, un lungo applauso ha accolto in sala grande la proiezione di Black Block di Carlo Augusto Bachschmidt: dieci anni dopo il G8 di Genova, il documentario si concentra sull’irruzione nella scuola Diaz e le torture delle forze dell’ordine. Quei giorni vengono rievocati dalle voci di quattro attivisti, segnati dal trauma dopo l’evento, che oggi lottano per ottenere giustizia nei processi contro la polizia. Un film duro che non risparmia nulla, entra nel dettaglio delle torture ma rivolge anche uno sguardo verso il futuro: “Siamo pronti a protestare contro il prossimo G8”.

Infine, nella sezione Controcampo italiano è stato presentato Pasta nera di Alessandro Piva: in 60 minuti racconta una storia di solidarietà italiana nel secondo dopoguerra, quando le famiglie dei lavoratori del Nord aprirono le loro case ai bambini del Sud, provenienti dalle zone più colpite e impoverite dal conflitto. La stessa storia raccontata dallo storico Giovanni Rinaldi, nel libro I treni della felicità pubblicato nel 2009 da Ediesse.