Per il contratto dei metalmeccanici siamo alla stretta finale. Inizia oggi (mercoledì 25 novembre) una tre-giorni di “plenaria” no-stop tra sindacati e Federmeccanica per cercare di chiudere il rinnovo. Nell'incontro di mercoledì 16 si sono “registrati passi in avanti – ha spiegato un comunicato Fiom – sui temi dei trasferimenti, della salute e sicurezza e su un impegno relativo alle politiche attive, mentre non sono stati ancora affrontati negli incontri tecnici i temi relativi agli appalti e alle trasferte, all'orario e all'inquadramento”. Rimangono però ancora tutti aperti i “problemi sul salario e sulle regole democratiche”, che saranno appunto al centro dei vertici di questa settimana.

“Noi vogliamo provare fino in fondo a fare il contratto, ma se Federmeccanica non modifica le proprie posizioni è evidente che le condizioni per farlo non si determinano”. Così il segretario generale Fiom Cgil Maurizio Landini ha illustrato, nel corso dell'Assemblea nazionale dei delegati che si è tenuta venerdì 18 a Roma, lo stato della trattativa. “Noi – ha ribadito – siamo pronti a sperimentare forme innovative, in parte anche quelle sugli adeguamenti salariali. Ma il contratto deve essere pulito, senza scambi impropri, e non deve essere toccato quello nazionale. Il nostro obiettivo è riconquistare un nuovo contratto nazionale di lavoro unitario” (dopo gli ultimi due che hanno visto la firma solo di Fim e Uilm).

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Gli aumenti in busta paga sono sicuramente il punto di maggiore attrito tra imprese e sindacati. Il 28 settembre scorso Federmeccanica-Assistal ha proposto un aumento non più sull'inflazione attesa ma su quella effettiva a consuntivo: un incremento quindi stabilito dopo, e non in anticipo come si usa di solito. L’aumento peraltro sarebbe “zero” nel 2016 (perché secondo le imprese lo scostamento Ipca del periodo 2013-2015sarebbe già stato pagato) e “pieno” (ossia al 100 per cento) solo nel 2017, mentre negli anni seguenti sarebbe a scalare: 75 per cento nel 2018 e 50 per cento nel 2019.

Il “decalage” dell’adeguamento salariale è fermamente rifiutato dai sindacati. “Prevedere un decalage sull'inflazione e chiedere gli assorbimenti è di fatto programmare una riduzione dei salari” ha commentato di recente il segretario generale Cgil Susanna Camusso. Posizione ribadita da Landini, che ha rimarcato che l’inflazione “va riconosciuta al 100 per cento sempre, a tutti i lavoratori”. Il leader della Fiom, infine, ha detto no alla “strada aziendalistica” suggerita dalle imprese, nel senso che devono restare “i due livelli contrattuali, senza che uno sia sostitutivo dell'altro”, con il contratto nazionale che “deve rimanere a difesa del potere d'acquisto e, quando ci sono le condizioni, aumentarlo”.