Bezos ha tolto le tende dalla laguna e adesso possiamo dirlo: del suo matrimonio fantasmagorico ci è importato il giusto. Un evento minuscolo rispetto al gigante che incarna. Venezia, fragile e sfibrata, è diventata il fondale dorato di una messinscena extralusso. Dove i residenti fuggono e gli yacht attraccano. Tra pietra che cede e canali esausti, è andata in onda la favola dei ricchi, con bodyguard, catering molecolare e sorrisi preconfezionati.

Nelle stesse ore in cui gli Stati Uniti annunciavano la tassa minima globale del 15% per le multinazionali, Mr Amazon brindava al tramonto in frac, sorseggiando champagne e scappando simbolicamente dal fisco. È bastato che il G7 sentisse un brontolio dalla Florida perché si affrettasse a ridimensionare tutto, inchinandosi a Trump.

Quel matrimonio non è stato un momento privato, ma un manifesto scintillante. L’unione tra potere e spettacolo, tra algoritmo e narrazione. Dietro le quinte, la logistica non dorme, i magazzini non rallentano, i diritti non avanzano. In scena, invece, abiti da sogno, flash patinati e romanticismo da rotocalco.

L’opulenza non è mai neutra, è sempre a spese di qualcun altro. Ogni gondola blindata racconta una città che non regge più, spremuta tra turismo di massa e feste per pochi. Imploderà sotto il peso delle valigie a rotelle e degli eventi sponsorizzati, mentre i palazzi si svuotano di abitanti e si riempiono di wedding planner. E chi resta, guarda passare il corteo come si osserva un’astronave: con la certezza che non sarà mai invitato a bordo.

Ora che i riflettori si sono spenti, è rimasta l’immagine nitida di un mondo rovesciato. L’élite salpa, la politica si inchina, piazza San Marco affonda. E noi, immobili sulla riva, come comparse mute. Nessun colpo di scena, nessuna catarsi. Solo un copione già visto, con spedizione Prime inclusa ma senza diritto di reso.