L’ultima ordinanza per proteggere i lavoratori a rischio nell’estate rovente è stata annunciata da un comunicato proprio ieri. A vararla è stata l’Emilia-Romagna, drammatica ironia della sorte, proprio mentre si registrava l’ultima vittima del caldo in un cantiere in provincia di Bologna, dove il titolare di una ditta che lavorava in appalto si è accasciato al suolo per un malore durante una gittata al sole e non ha più riaperto gli occhi. E tanti fanno la sua stessa terribile fine quando la colonnina di mercurio diventa rossa. Nei campi, nei cantieri, ma anche nelle fabbriche, nelle officine, nei luoghi dove si lavora all’aperto o nei capannoni dove le condizioni rendono difficile climatizzare l’ambiente. Non si contano, né i morti per caldo accertati né quelli che sfuggono ai rilevamenti – nei campi, in nero, sotto caporalato – né i danni, le cicatrici che a lungo andare restano sulla salute di chi lavora in queste situazioni estreme e che prima o poi presentano il conto. 

Intanto, però, qualcosa si è mosso e la giunta regionale dell’Emilia-Romagna, dopo il pressing dei sindacati, ha approvato l’ordinanza che “dal 2 luglio fino al 15 settembre  vieta il lavoro dalle 12.30 alle 16.00 ad ogni lavoratrice e lavoratore (senza distinzioni di ruoli, inquadramento e applicazione contrattuale) che operi in condizione di esposizione prolungata al sole nei settori agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili e affini e nei piazzali della logistica destinati in via esclusiva al deposito merci nelle giornate ad alto rischio per la tutela della salute e della sicurezza di lavoratrici e lavoratori.

Cgil Emilia-Romagna: “Servono risposte concrete”

“Si tratta – commenta la Cgil regionale – di un atto importante, che conferma un principio per noi fondamentale: la tutela della salute e la sicurezza di chi lavora deve essere la priorità assoluta. Di fronte a temperature come quelle che si stanno registrando in queste settimane, servono risposte che mettano al primo posto la sicurezza e l’incolumità di lavoratrici e lavoratori".

"Come Cgil – continua la nota – assieme alla Fillea, il sindacato degli edili, alla Flai, la federazione dei braccianti, e a tutte le categorie coinvolte, avevamo richiesto alla Regione di estendere l’ordinanza a tutti i settori in cui lavoratrici e lavoratori siano esposti al sole in maniera prolungata. A tal fine, servono risposte concrete da parte del Governo che ancora oggi non si vedono all’orizzonte: occorre affrontare in maniera strutturale le conseguenze del cambiamento climatico nei luoghi di lavoro e servono interventi urgenti per garantire l’accesso agli ammortizzatori sociali a tutti i settori e i lavoratori interessati”.

Il cambiamento climatico è una realtà

Eccolo il vero nodo della questione. I sindacati fanno pressione sulle Regioni a ogni arrivo dell’estate (un’estate che, nel nostro Paese, arriva sempre prima e sempre più rovente) affinché le giunte scrivano le ordinanze a protezione dei lavoratori. Ma forse – lo scrive la Cgil Emilia-Romagna e lo pensano ormai in tanti – il cambiamento climatico, essendo una realtà conclamata dei nostri tempi, meriterebbe un intervento più strutturale, meriterebbe l’attenzione del governo, una legge per salvare le vite dei lavoratori, sia dal rischio di soccombere fisicamente all’afa, sia, fermi a casa per “impraticabilità di campo”, dal rischio di non arrivare alla fine del mese.

Qualsiasi app meteo di qualsiasi smartphone oggi ti dice in tempo reale che, controllando le grandi città, Roma, Milano, Firenze, Napoli, Torino, le medie attuali rispetto a quelle del 2024 già negli ultimi dieci giorni di giugno sono salite dai 7 agli 11 gradi. E come al solito la realtà corre molto più velocemente dell’iter legislativo.

La mappa delle ordinanze approvate

E proprio ieri, insieme all’Emilia-Romagna, sono arrivate le ordinanze in Abruzzo e in SardegnaIn Lombardia, ad esempio, siamo alla bozza di intesa. “Si tratta di un passaggio fondamentale per il riconoscimento del caldo estremo come rischio concreto per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il provvedimento prevede la sospensione delle attività lavorative con esposizione al sole e attività fisica intensa dalle 12:30 alle 16:00 nei giorni in cui il rischio è classificato come “alto” sulla base della mappa interattiva di Worklimate”.

Nel Lazio l’intesa è arrivata già all’inizio del mese, “prodotto della pressione sulla regione dei mesi scorsi da parte dei sindacati”. In Liguria la notizia è di pochi giorni fa, ma l’emanazione dell’ordinanza sull’emergenza caldo da parte della Regione è stata decisa senza consultare le organizzazioni sindacali. “Un fatto grave nel metodo e nel merito – scrive la Cgil Liguria –. Nel metodo perché i lavoratori hanno una loro rappresentanza e nel merito perché l’ordinanza rischia di essere inutile in quanto ricalca le linee guida nazionali in materia in quanto invita i datori di lavoro ad adottare misure idonee, ma senza porsi il problema delle risorse necessarie per la copertura dell’assenza dal lavoro attraverso l’utilizzo degli ammortizzatori”.

Anche per questo la Cgil ligure si è attivata con le prefetture per il rinnovo dei protocolli sull’emergenza caldo attraverso i quali i lavoratori hanno diritto, nei casi stabiliti, alla copertura delle giornate di lavoro perse attraverso la cassa integrazione ordinaria e ha invitato le lavoratrici e i lavoratori a segnalare ai propri delegati – o a rivolgersi alle sedi sindacali – per ogni eventuale problematica legata alle condizioni di lavoro determinate dall’emergenza caldo.

Ci sono poi i provvedimenti varati in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Toscana. E probabilmente altri ne seguiranno nelle prossime ore e nei prossimi giorni, trainati da un argomento che, per qualche ora, è uscito dalle salette sindacali e dalla nicchia del lavoro quotidiano di pressione che le organizzazioni a difesa dei lavoratori fanno, per bucare lo schermo del mainstream, pronto a masticarlo e sputarlo poco dopo.

Restano le vittime. Quella di Bologna che abbiamo ricordato, quello di Andria del 26 giugno scorso e quelle di cui non sapremo mai nulla. Resta la realtà di un meteo impazzito che già prima delle 11 di mattina dà 34° percepiti a Roma, 33 a Genova, 35 a Firenze, 32 a Milano, 34 a Napoli, 31 a Torino, solo per citarne alcune. Restano le raccomandazioni dell’Inca che ricorda a tutti che il colpo di calore – di cui può restare vittima anche chi lavora in luoghi chiusi – è un infortunio sul lavoro e come tale deve essere denunciato e dà diritto a un risarcimento.

“Servono i controlli affinché le ordinanze siano rispettate”

E restano gli allarmi spesso inascoltati dei sindacalisti sul territorio, del sindacato di strada. Ne riportiamo uno che ci sembra cogliere il punto della questione. Arriva da Dora Lacerenza, segretaria della Flai Cgil sul territorio di Barletta, Andria, Trani, in Puglia: “Il fatto che anche le istituzioni stiano mettendo nelle loro agende queste priorità non può che farci piacere ma serve un passo ulteriore, quello dei controlli e delle verifiche, affinché l’ordinanza non rimanga sulla carta ma venga rispettata. E, di qui, come Flai provinciale, il nostro appello: noi saremo presenti, anche grazie ai nostri delegati, all’interno dei luoghi di lavoro per verificare che lo stop venga osservato ma ci aspettiamo che alta sia l’attenzione anche da parte delle istituzioni. Sappiamo che in tanti sono dalla nostra parte, incluse le imprese sane del territorio ed è con loro che vogliamo continuare a stringere alleanze”.

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