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Per la seconda volta da quando è al governo, l’esecutivo Meloni è stato costretto a dare risposta alle richieste di favorire l’ingresso di manodopera dall’estero avanzate da una parte della sua base. Dopo i 450mila del triennio 2023-2025, il governo ha infatti autorizzato l'ingresso in Italia di altri 500mila lavoratori stranieri dal 2026 al 2028. Sono i numeri del nuovo decreto flussi approvato ieri (30 giugno) dal Consiglio dei ministri.
Si tratta, informa Palazzo Chigi, di “manodopera indispensabile al sistema economico e produttivo nazionale e altrimenti non reperibile”. Le frasi da campagna elettorale si scontrano insomma con la realtà do un sistema economico a cui serve forza lavoro per mandare avanti la produzione. Restano però in piedi il metodo del clic-day e il rischio reale di sfruttamento.
I numeri
Nell'arco del triennio sono assegnate 230.550 quote per lavoro subordinato non stagionale e autonomo e 267mila per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico. Le quantità sono stabilite, viene sottolineato, "tenendo conto dei fabbisogni espressi dalle parti sociali e delle domande di nulla osta al lavoro effettivamente presentate negli anni scorsi, con l'obiettivo di una programmazione che recepisca le esigenze delle imprese e che sia anche realistica”.
Nel dettaglio, sono previsti 76.850 tra lavoratori subordinati non stagionali e autonomi ogni anno (650 gli autonomi), allargando ancora i settori anche al commercio, alla logistica, al tessile, al metallurgico e alla sanità: il click day scatterà dalle 9 del 16 febbraio. Nell’ambito di questa quota vanno inclusi anche gli assistenti familiari - 13.600 nel 2026, 14mila nel 2027 e 14.200 nel 2028 - e i lavoratori “qualificati”, ossia imprenditori e manager, liberi professionisti, artisti e startupper, ammessi nel numero di 500 l’anno. Il relativo click day scatterà il 18 febbraio.
Le contraddizioni
Resta il nodo dei contratti e dei permessi di soggiorno, però. Il provvedimento rischia infatti di essere inutile se rimane un aumento figurativo ma che non si converte in lavoro effettivo e permessi come accaduto in questi anni. I dati della campagna 'Ero straniero' indicano che nel 2023 solo il 7,5% delle quote di ingressi stabilite dal governo si è trasformato in permessi di soggiorno e impieghi stabili e regolari: sono state 9.331 le domande per l'ingresso di lavoratrici e lavoratori finalizzate presso le prefetture italiane su un totale di 119.890 quote assegnate nel corso dell'anno. Stessa situazione si è registrata nel 2024, con solo il 7,8% di impieghi stabili e permessi.
Il nuovo decreto flussi, insomma, mostra ancora una volta tutte le contraddizioni della maggioranza sull’immigrazione. E non mette mano ai problemi reali di un tema complesso e centrale. “Nessuna modifica strutturale che affronti le criticità e che favorisca l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e la creazione di lavoro con carattere di regolarità”. Così, in una nota, la segretaria confederale Cgil Maria Grazia Gabrielli dopo una prima lettura delle notizie stampa e delle dichiarazioni e anticipazioni rese da esponenti del Governo.
Gabrielli, Cgil: “Uno schema inutile”
Per Gabrielli, “gli unici due aspetti sui quali il governo è intervenuto è la ripartizione su base regionale delle quote, che può rispondere a una maggiore aderenza alle dinamiche del mercato del lavoro locale, ma che di per sé non è indice di un diverso profilo qualitativo”. “Si continua invece – afferma Gabrielli – a perseguire una logica ‘premiale’ verso i Paesi terzi che promuovono campagne mediatiche, in collaborazione con lo Stato italiano, per spiegare i rischi di incolumità personale derivanti dal ricorso a traffici migratori irregolari”. Una lettura “che non tiene minimamente in conto le ragioni delle dinamiche migratorie e la necessità di una risposta non incentrata da un lato sulla logica punitiva e dall'altro sulla premialità per alcuni Paesi”.
Secondo la segretaria Cgil, “ancora si ignora la necessità di un intervento strutturale con il superamento della Legge Bossi-Fini. Tre almeno le direttrici su cui sarebbe necessario muoversi per consegnare alcuni risultati concreti: una procedura di regolarizzazione per tutti i settori economici e produttivi, l'accesso alle quote per chi è già nel territorio nazionale, la possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione anche ricorrendo a figure di sostegno per l'inserimento socio lavorativo. Questo per restituire condizioni di regolarità nei titoli di soggiorno e per sottrarre forza lavoro dalla condizione di irregolarità, costantemente alimentata dagli esiti delle procedure dei flussi”.
“Parole che il governo italiano non intende sentire, per continuare a seguire uno schema di nessuna utilità: per le persone, per il Paese, per le imprese”, conclude Gabrielli.
Mininni, Flai: “Superare la Bossi-Fini”
“Il nuovo ‘decreto flussi’, purtroppo, non risolve i numerosi problemi che vivono sulla propria pelle i lavoratori immigrati dell’agroalimentare, come da anni continuiamo a denunciare”. A dirlo è il segretario generale Flai Cgil Giovanni Mininni, rilevando che “sono ancora troppi i casi di truffe da parte di aziende agricole fittizie a danni di lavoratori stranieri che pagano per ottenere il nulla osta e poi si trovano senza lavoro né documenti”.
Parimenti, continua l’esponente sindacale, “sono troppi i lavoratori che iniziano l'iter e poi non arrivano a ottenere i documenti, a causa di burocrazia e lungaggini. Inoltre, come sappiamo, spesso attraverso le quote vengono regolarizzati lavoratori immigrati già presenti nel nostro Paese. Ma non è sufficiente”.
Mininni così conclude: “I lavoratori irregolari nell’agricoltura italiana sono circa 200 mila, come ha censito il nostro osservatorio Placido Rizzotto. Per questo serve superare la logica repressiva della Bossi-Fini, promuovendo una nuova legislazione inclusiva sul tema dell'immigrazione, partendo con la regolarizzazione di coloro che vivono e lavorano qui”.