Nelle Marche i buoni lavoro (voucher), concepiti come strumento per favorire l'emersione del lavoro nero accessorio, diventano ormai un fenomeno non più trascurabile: tra il 2013 e il 2014 si evidenzia un aumento dell'87% dei voucher venduti, passando da 1.651.129 a 3.105.712. E’ quanto emerge dai dati diffusi dall’Inps ed elaborati dall’Ires Cgil Marche: secondo l’istituto di ricerca questi stessi dati “sono a dir poco allarmanti e ci segnalano una situazione di grande trasformazione del mercato del lavoro marchigiano”.

I soggetti prestatori, in base ad una stima dei dati nazionali Inps, nelle Marche passano dalle 26mila unità del 2013 alle 44mila unità del 2014 (+ 66%). Nel settore del commercio si registra un aumento del 115% dei voucher venduti (da 268.068 a 579.817). Nel settore turismo si registra un incremento, tra 2013 e 2014, del 108,2% passando da 265.925 a 553.665. Nei lavori domestici l'utilizzo dei voucher aumenta del 195,6% mentre la diffusione esplode letteralmente nei settori non classificati in cui confluiscono i settori manifatturieri: da 588.571 a 1.136.032 (+ 93,19 %). Solo nel settore agricolo l'uso del lavoro accessorio diminuisce per una percentuale pari al 16%.

Ad Ancona si registra l'incremento più consistente dei voucher venduti (+ 107,6%); seguono Ascoli Piceno (+ 103%), Pesaro Urbino (+ 90,7%), Fermo (+ 73,4%) e Macerata (+ 62,4%).

“Tutto questo non è certo avvenuto per caso – dichiara Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche - ma per¬ché il campo di applicazione del lavoro accessorio è stato progressivamente esteso con 12 interventi regolativi in 11 anni di vita dello strumento. Ormai sono utilizzati in quasi ogni settore, dal turismo all’agricoltura stagionale, dalle aziende familiari a tutte le imprese con fini di lucro e perfino nelle amministrazioni pubbliche”.

Ogni ticket costa 10 euro ed incorpora una minima contribuzione Inps e Inail e una paga oraria, ma il voucher è un pagamento a prestazione, “perciò troppo spesso – sottolinea l’Ires – viene usato per pagare una attività giornaliera, non necessariamente di otto ore. Non prevede malattia o nessuna altra indennità, acquistabile e riscuotibile anche nelle tabaccherie autorizzate oltre che online grazie a una apposita carta Poste-pay è la forma più estrema di precarietà che esiste dopo il lavoro nero. L’unico limite è il massimale che il Governo Renzi vuole innalzare fino a 7.000 euro inserendo la questione nell'ultimo schema di decreto attuativo del Jobs Act”. Per l’Ires, quindi, non è difficile prevedere un'ulteriore esplosione del fenomeno nel 2015.

“Questa è la strada per combattere la precarietà scelta dal Governo che, invece di intervenire sull'eliminazione delle molteplici forme di lavoro precario, ha intensificato la precarietà anche con questo strumento oltre che con la liberalizzazione dei contratti a termine e con l'introduzione del contratto a tutele crescenti”, conclude Santarelli.