Estensione della tutela Inail a tutti i lavoratori; rinnovamento della normativa a sostegno delle persone infortunate e tecnopatiche; un’analisi più dettagliata sull’andamento del fenomeno e sviluppo di nuove azioni per favorire il reinserimento lavorativo delle persone “inidonee” alla mansione, da realizzarsi anche attraverso l’adattamento delle postazioni sul posto di lavoro. Sono queste alcune delle linee strategiche indicate da Francesco Rampi, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ), illustrate il 26 settembre a Roma a conclusione del suo mandato.

Il Testo Unico per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (Tu 1124/65) ha compiuto 52 anni e ha bisogno di una “manutenzione straordinaria”, che garantisca coerenza tra le trasformazioni del mondo del lavoro e le norme sull’assicurabilità. È uno dei passaggi qualificanti della relazione del presidente uscente. Per Rampi, quella normativa, pur con tutte le modifiche apportate negli anni, contiene degli elementi datati, perché rappresenta il “portato dello sviluppo economico degli anni sessanta e del processo di ricostruzione e di sviluppo post bellico; di passaggio dall’economia agricola a quella industriale”, che ha caratterizzato il boom economico.

In Italia, le “crepe” nell’architettura del sistema di protezione contro gli infortuni e le malattie professionali sono evidenti quando si raffronta il modello italiano con quello vigente in Germania, dove la quasi totalità della popolazione è assicurata (su 82 milioni di persone, 69,4 godono dell’assicurazione obbligatoria). Da noi, invece, gli assicurati sfiorano appena il 50% (su 61 milioni di persone residenti, soltanto 31,5 risultano assicurati Inail). Nel nostro Paese, sono ancora esclusi dalla tutela Inail segmenti del lavoro pubblico e autonomo, alcuni lavoratori del settore privato e il cosiddetto Terzo settore, in particolare il volontariato e l’associazionismo senza finalità di lucro, ma anche gli studenti.

Secondo Rampi, l’allargamento della platea degli assicurati Inail consentirebbe di garantire una maggiore qualificazione e universalità delle tutele in favore della persona infortunata o tecnopatica. Due elementi che invece il modello tedesco, già da oggi, è in grado di assicurare a chiunque lavori, prescindendo dal contratto di cui si è titolare. Ma le criticità dell’attuale sistema di protezione antinfortunistica riguardano anche le modalità di erogazione delle prestazioni, economiche e non, un po’ troppo sbilanciate verso il basso, considerando che il 90% circa delle denunce, definite positivamente da parte dell’istituto, si riferisce a lavoratori infortunati e tecnopatici, che non hanno riportato postumi o solo danni lievi.

A tali soggetti l’Inail corrisponde un’indennità temporanea e prestazioni sociosanitarie; l’ 8% riguarda persone investite da incidenti indennizzati con la liquidazione economica in un’unica soluzione. Soltanto il 2% delle denunce si riferisce a incidenti gravi, dai quali sono derivati danni permanenti. In questi ultimi casi, l’istituto paga una rendita. Tra questi ultimi, circa 1.000 ogni anno sono le persone che perdono la vita a causa del lavoro. E sull’andamento del fenomeno infortunistico e delle malattie professionali, Rampi richiama la necessità di un’analisi qualificata, che consenta una comparazione dei dati con la forza lavoro impiegata, in attuazione dell’intesa tra Istat-Inail-Inps. “Oggi – ha sottolineato il presidente del Civ – l’Inail basa le proprie previsioni su elementi stimati”, non avendo a disposizione l’anagrafe dettagliata di tutti i lavoratori.

Nel passare il testimone, il presidente uscente del Consiglio di indirizzo e vigilanza pone l’accento sulla prevenzione, “come scelta che può produrre cambiamenti significativi rispetto alla tutela dell’integrità psicofisica della persona che lavora”; “è la chiave – spiega – per favorire un trend decrescente degli infortuni, delle malattie professionali e delle morti di origine occupazionale”. Al centro delle azioni future dell’istituto deve esserci il sostegno alla fragilità della persona infortunata e tecnopatica, che si realizza anche garantendo la continuità lavorativa ed evitando la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro per inidoneità.

Una scelta, sottolinea Rampi, che è ai primi passi e potrà dispiegare importanti riflessi nel prossimo periodo. “Nuovi protocolli diagnostici e curativi, integrativi rispetto a quelli del Servizio sanitario nazionale, reinserimento nella vita sociale e in quella lavorativa e adattamenti dell’organizzazione del lavoro e di processo hanno bisogno di una forte spinta di innovazione, che solo la ricerca, nell’ambito dell’innovazione tecnologica, della medicina, dell’igiene del lavoro e degli ausili, ortesi e protesi, può fornire”.