La legge di bilancio è ormai in dirittura d’arrivo ed è tempo di giudizi, purtroppo non positivi. “I due passaggi parlamentari non hanno modificato il quadro di riferimento generale. Sono intervenuti su quelle pochissime risorse collocate per la sterilizzazione dell’Iva, e che poi si sono ulteriormente frammentate. Il tratto che possiamo disegnare è di una manovra che non è mutata nei saldi e nel quadro macroeconomico generale, ma che è frammentata in tantissimi micro interventi senza una strategia di fondo”. A delineare il quadro è Gianna Fracassi, segretaria confederale della Cgil, dai microfoni di RadioArticolo1

“L’assalto alla diligenza paventato dal ministro Padoan non ci poteva essere, perché le risorse erano molto poche, però è avvenuta una proliferazione di interventi più che minimali”. In casa Cgil i punti di disaccordo riguardano l’insistenza, nella manovra, sulla logica dei bonus, e la mancanza di interventi di ampio respiro rispetto a fisco e lotta all’evasione. “C’è un intervento interessante rispetto alla tracciabilità degli stipendi - ammette Fracassi -, con uno stop al pagamento in contanti, però il punto è che manca un intervento serio e pesante sul contrasto all’evasione fiscale. Servirebbe un intervento strutturale, qui invece abbiamo solo piccole misure, sebbene non negative”.

Altra nota dolente il capitolo che riguarda la sanità pubblica. Da qui al 2020 è prevista una riduzione della quota di Pil destinata alla sanità. Inoltre non c’è stata l’abolizione del superticket ma solo una parziale rimodulazione. Mancano infine le risorse per il contratto di lavoro del comparto sanità. Un quadro allarmante, “alla luce di un dato incontrovertibile - spiega la dirigente Cgil -, ossia che nel Paese c’è una larga fetta di persone che rinunciano a curarsi, perché non possono più permetterselo. Non riescono neanche a far fronte ai pagamenti previsti per i servizi sanitari pubblici. Su questo versante la legge di stabilità non dà risposte. Ma sarebbe stato importante dare un segnale forte. Negli ultimi anni le risorse destinate alla sanità sono state progressivamente ridotte. Sul superticket - osserva Fracassi - è stata fatta un’operazione positiva ma minimale, modulando un’operazione che purtroppo non riguarda tutti gli italiani”.

 

“Inoltre, per quanto riguarda le norme sul pacchetto lavoro, annunciate in Commissione bilancio ma che poi non sono passate, c’è stato un arretramento”, osserva la segretaria. Per i precari nulla di fatto. La proposta di ridurre a 24 dai 36 mesi la durata dei contratti a tempo determinato passata in Commissione lavoro non è stata accolta nel testo della manovra, nemmeno ammessa in Commissione bilancio. Così come non è stato accolto l’aumento degli indennizzi per i lavoratori illegittimamente licenziati. “Dobbiamo verificare con un certo stupore - commenta Fracassi - che anche a fronte di un pacchetto lavoro che era stato proposto in commissione, non si è trovato poi l’accordo politico. Di fatto hanno dovuto ritirare l’emendamento. Lo stesso governo non è riuscito a imporre una posizione condivisa. Sarebbe stato un segnale che si tornava a mettere mano sul Jobs Act e sul tema della precarietà”.

Nella legge mancano anche misure che rendano più oneroso, alle imprese, licenziare invece che accedere agli ammortizzatori sociali. Prosegue Fracassi: “Il ministro Poletti aveva preso tanti impegni sul lavoro in questi mesi. Purtroppo il dato di fatto è che di questi impegni non è rimasta traccia. Abbiamo visto una profonda distanza da parte del governo nella definizione della manovra: sul versante dell’ordinamento generale non c’è stato cambio di rotta”. 

Anche alla voce ‘giovani e lavoro’ la manovra non dà segnali importanti. “I dati ci dicono sempre lo stesso: permane una disoccupazione costante, e non scenderà. Lo ammette lo stesso governo nel Def. C’è una precarietà legata al tipo di occupazione e alla qualità del lavoro che i giovani riescono a trovare. Su questi temi l’unica risposta in legge di bilancio è la decontribuzione. Abbiamo detto spesso che non può essere l’unico strumento di contrasto. Perché non dare una risposta di altro tipo? - si chiede Fracassi -. Si è scelto di non farlo, sbagliando. Già le leggi messe in campo non hanno ridotto la precarietà. Il Jobs Act non l’ha ridotta ed è peggiorata persino la qualità del lavoro: perché non cogliere un tema reale, seppure senza ‘abiurare’ alle leggi precedenti?”.

Del resto è anche inutile illudersi coi dati sulla ripresa economica. Perché, rileva Fracassi, “nella crescita attuale c’è una contraddizione: non determina una maggiore qualità del lavoro, non determina aumenti salariali, mentre si allargano invece le disuguaglianze e le polarizzazioni nel lavoro e nella società. È un dato non solo italiano. È evidente però che l’inazione peggiora le cose. Non si danno risposte su nulla: disuguaglianza, lavoro, redistribuzione salariale. Neppure si interviene con gli strumenti di natura fiscale. A fronte di questo, anche il piccolo bonus non risponde alla sfida che il Paese deve affrontare. E la preoccupazione aumenta se pensiamo che nei prossimi mesi entreremo in una situazione di stallo politico. Questa è la critica di fondo che facciamo alla legge di bilancio. Al di là delle piccole misure anche positive, il quadro complessivo ci dice che la legge di stabilità non risponde ai bisogni del Paese nel suo complesso”.

Sul capitolo pensioni, la vicenda è nota. Il tavolo col governo è saltato. La fase due non è mai partita. Gli automatismi sull’aumento dell’età pensionabile non sono stati disinnescati. La Cgil ha manifestato il 2 dicembre in cinque piazze, e la sua mobilitazione prosegue. Aver portato a 15 le categorie di lavori gravosi per l’Ape sociale non compensa la mancata risposta generale sulla previdenza. Riepiloga Fracassi: “È una misura che riguarda un numero molto basso di persone. Il governo ha fatto aggiustamenti che non colgono i problemi dei giovani (la pensione di garanzia), né la questione della flessibilità in uscita. Prevedere e non stoppare il meccanismo dell’aumento dell’età pensionabile vuol dire che non si vuole affrontare le conseguenze della legge Fornero sul mercato del lavoro. Non introdurre nessuno di questi temi nella legge di bilancio è stato un gravissimo errore. Ma per la Cgil - conclude Fracassi - la vertenza rimane aperta, non si chiude con la legge di bilancio”.