“Nei primi sette mesi di quest’anno i neoassunti risultano in decremento, non solo rispetto all’anno precedente, ma anche sul 2013 e 2014. Questo è un dato sicuramente grave, che rivela una tendenza assai preoccupante”. Così Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio, stamane ai microfoni di RadioArticolo1, per parlare di occupazione. “Malgrado la valanga di  risorse elargita alle aziende – ha detto il dirigente sindacale –, ciò dimostra che, se non c’è sviluppo, gli incentivi possono funzionare per un breve periodo, poi non più. Secondo i dati Inps, nei primi sette mesi del 2016, 70.000 rapporti di lavoro sono stati stabilizzati, ma solo per il fatto che sono diminuite le cessazioni., che, a loro volta, calano perché non va più nessuno in pensione”.

 
“Non è solo un problema di quantità, ma anche di qualità delle assunzioni – rileva l’esponente Cgil –: ciò che aumenta è il numero dei contratti a tempo determinato, e soprattutto dei voucher acquistati dagli imprenditori - dove siamo già a quota 85 milioni, e questa è sola la parte emersa, perché, com’è noto, dietro i bonus si nascondono anche tanto lavoro nero e tante attività non regolarizzate -, mentre decrescono le trasformazioni da lavoro precario a tempo indeterminato. In pratica, a lievitare, ancora una volta, è la precarietà; un paradosso, se pensiamo che il Jobs Act era nato proprio per contrastare tale fenomeno”.

“Altro dato pericoloso – ha aggiunto il sindacalista –, che ricaviamo dalla fonte del ministero del Lavoro, l’incremento dei licenziamenti, che, d’ora in poi, monitoreremo con attenzione ogni trimestre. Altro fenomeno in espansione, il part time involontario, perché, secondo l’Istat, il 60% delle persone che trovano lavoro a tempo parziale dicono che in realtà lo subiscono, quando il loro desiderio sarebbe di trovare un‘occupazione a tempo pieno. Oltretutto, ci risulta che per una parte non irrilevante si tratta di part time di lavoro precario”.

“Sul piano europeo, l’Italia è davanti solo alla Grecia per occupazione femminile, con il 46%, e l’Ue ci chiede due milioni di donne in più al lavoro entro il 2020. Stesso discorso per quanto riguarda i giovani, dove viaggiamo in penultima posizione tra i 27 Paesi dell’Unione. Siamo in testa, invece, per numero di inattivi, cioè di persone che hanno smesso di cercare un’attività. Malgrado tutto ciò, nel nostro Paese manca un discorso serio sulla situazione del mondo del lavoro, e il Piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile della Cgil costituisce un’eccezione. Oltretutto, se per puro miracolo, domattina trovassero lavoro i tre milioni di disoccupati italiani, saremmo ancora indietro rispetto al tasso di occupazione Ue. Lo dimostra il fatto che noi abbiamo lo stesso tasso di occupazione della Spagna, malgrado la percentuale di disoccupati sia da noi all’11 e quasi al 25 da loro”, ha concluso Fammoni.