TORINO - Se contiamo tutti i lavoratori (o sarebbe meglio dire lavoratrici) che si occupano di assistere privatamente i nostri anziani, la cifra è enorme: circa 2 milioni di persone, per la maggior parte donne. Tra di loro, solo 886mila hanno la fortuna di avere il contratto. La restante parte è nel limbo del “grigio” o totalmente al nero. Invisibili, in una parola. Per dare voce a loro, e a tutti gli addetti dei servizi, la Filcams Cgil ha organizzato una convention di due giorni a Torino (11 e 12 ottobre) alla ricerca di nuove frontiere per l’inclusione. Quasi 300 tra lavoratori, funzionari ed esperti si sono ritrovati per confrontarsi su temi che interessano la categoria.

Tra i settori più poveri c’è sicuramente il lavoro domestico, come spiega Wendy Galarza, in forza alla Filcams Cgil di Perugia e referente per la categoria nella federazione internazionale sui lavori domestici: “Sono arrivata dall’Ecuador nei primi anni duemila per approfondire l’italiano. Il lavoro c’era allora, e il primo impiego, se vieni dall’estero, è sempre domestico, anche se parli bene la lingua. È bello perché si imparano usi e costumi, è un ottimo modo per integrarsi. Però ancora si fa fatica a riconoscerlo come un lavoro vero”. Qualche dato aiuterà a capire. Anzitutto la retribuzione oraria, che va da un minimo di 4,5 euro fino a 7,15. “E questo quando va bene, perché se non hai un contratto, è il datore che detta le condizioni: si può passare da 400 euro a un massimo 700 per un lavoro h24 sei giorni su sette, a volte anche sette giorni su sette”.

pc-gallery: id: 359479

Solo un quarto di questi lavoratori sono italiani, tutti gli altri vengono dall’estero, per la maggior parte dall’Europa dell’Est (circa 400mila). Le storie raccolte da Wendy nella sua attività sindacale raccontano bene le difficoltà che vivono queste donne: “Facciamo un esempio? Capita che una persona lavora dalle 5 del mattino fino alle 9 con il contratto in una cooperativa, magari nelle pulizie di un ospedale: poi fa il suo “grigio” di cura a un anziano fino all’ora di pranzo, e alla fine torna nella cooperativa per fare altre due o tre ore”. La Filcams presenterà a dicembre la nuova piattaforma per contratto nazionale in cui oltre all’aumento salariale, come ogni volta chiederà che cambino alcune cose: “Almeno di alzare da 15 a 30 giorni le ferie per i part-time e la maternità di diritto”.

LEGGI ANCHE:
Mettere al centro la dignità del lavoro 
Il presente e il futuro secondo gli esperti
M.M.
Nuove frontiere per l'inclusione | Il programma
Diario Terziario, il numero di ottobre

Nel comparto delle pulizie la musica non cambia. “Se prima i banchi venivano puliti ogni giorno, oggi non è più possibile. Il carico di lavoro si è triplicato, non ce la facciamo a fare tutto come deve essere fatto. Il disagio è anche per l’utenza, per i bambini delle scuole. Poi le lavoratrici, che sono anche mamme, si sacrificano e il disagio si nota di meno”. Così racconta Domenica Amadeo di Tricase (Lecce) impiegata della Dussmann per le pulizie e il decoro delle scuole pubbliche: “L'azienda ha un solo merito, pagano gli stipendi puntualmente, ma possiamo raccontarne tante”. Se parliamo di retribuzioni, siamo sulla stessa linea del lavoro domestico o poco più: al massimo si arriva a 800 euro e il rimborso viene dato solo oltre i primi 20 chilometri, mentre gli appalti costringono queste lavoratrici a spostarsi come trottole da una scuola all’altra, con la loro macchina, avvisate alcune volte solo pochi minuti prima.

C'è poi il problema che, “al di là dei rapporti personali – prosegue Domenica – noi siamo sempre considerati degli intrusi nelle scuole". Da qui la necessità di arrivare a un punto di dialogo importante per preparare la prossima gara d'appalto. "Come darci voce? Anche se non siamo dipendenti diretti, vogliamo dire la nostra quando si fanno i bandi”. Come se non bastasse, sul suo lavoro e quello di migliaia di sue colleghe c’è la spada di Damocle del 30 novembre, giorno in cui scadrà il progetto “Scuole belle” col rischio di licenziamenti in tutta Italia o, nella migliore delle ipotesi, riduzione dell’orario. Era già in programma una manifestazione poi sospesa dopo una convocazione a Palazzo Chigi. Resta invece in piedi lo sciopero nazionale del 14 novembre. “Speriamo di non farlo – conclude – perché significherebbe che abbiamo trovato una soluzione”.