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“C’è una cosa che non funziona nel salario minimo di garanzia: se il contratto nazionale stabilisce anche un solo euro di aumento, questo aumento deve andare a tutti i lavoratori, da qualsiasi parte essi siano. E invece, con la proposta di Federmeccanica, ne beneficerebbe soltanto una minima parte”. Eccolo il punto di maggiore distanza fra sindacati e imprese nel tentativo di rinnovare il contratto nazionale dei metalmeccanici. Lo spiega il leader della Fiom, Maurizio Landini, ai microfoni di RadioArticolo1 durante la trasmissione Italia Parla (qui il podcast).
È stato un Natale difficile. C'è gente che lo ha fatto davanti ai cancelli della fabbriche, dalla Air di Padova alla Saeco di Bologna, solo per citarne un paio. “Se non c'è una ripresa degli investimenti – insiste Landini –, se non c'è un rilancio anche dell'intervento pubblico, non si va da nessuna parte. Il governo, da un lato ha reso più facili i licenziamenti e dall'altro, bisogna cominciare a dirlo, ha ridotto gli ammortizzatori sociali: oggi a un'impresa costa meno licenziare che non ricorrere ai contratti di solidarietà o alla cassa integrazione. Un fatto gravissimo non ancora emerso”.
Motivo in più per dare ai lavoratori un nuovo contratto. La road map delle tute blu Cgil è questa: Comitato centrale il 7 e l'8 gennaio; poi, dall'11 gennaio gli attivi regionali dei delegati per arrivare al 21 dello stesso mese, giorno del prossimo round con Federmeccanica: “Abbiamo proposto a Cisl e Uil di lavorare assieme pur avendo due piattaforme diverse: è chiaro a tutti che oggi diventa importante ricercare un'azione unitaria che tenga conto delle diversità ma che valorizzi l'unità dei lavoratori”.
«Sul piano della rappresentanza la Fiom non ha perso niente, anzi è più forte di prima»
Un cambio di passo rispetto agli anni scorsi – gli ultimi due rinnovi delle tute blu sono stati firmati senza la Fiom – è già visibile. Ed è lo stesso Landini a sottolinearlo: “Al contrario del passato, Federmeccanica questa volta ha tenuto conto di tutte le piattaforme sindacali ed ha avanzato una proposta con aspetti importanti, da approfondire: la riforma dell'inquadramento, la sanità integrativa, l'estensione del diritto alla formazione. Tutti punti contenuti anche nella nostra piattaforma, con la quale puntiamo a sperimentare la contrattazione annua del salario con la defiscalizzazione degli aumenti”. Quello che rende difficile l’accordo in tempi rapidi, insiste il leader della Fiom, “è l’idea di ‘rinnovamento del contratto’, come lo chiamano loro. Un’idea che mette in discussione il principio secondo cui i minimi del salario devono essere dati a tutti i lavoratori. Su questo c'è un giudizio negativo di tutte e tre le organizzazioni sindacali”.
Che il clima sia un po’ più disteso – come si diceva – lo testimonia anche il fatto che gli stessi industriali citano l'accordo del 10 gennaio sulla rappresentanza, quello che vuole chiudere la stagione dei contratti separati: “La Fiom si è riconquistata dopo anni l'autorevolezza, l'autorità di essere soggetto di trattative”, osserva Landini: “Non è certamente facile arrivare a un accordo, c'è bisogno di trattare, di cambiare molti punti della piattaforma di Federmeccanica. Ma è vero che gli industriali hanno avanzato una proposta che chiede a tutte le organizzazioni sindacali una trattativa. Questa indubbiamente è una novità, vuol dire che la Fiom ha dimostrato in questi anni che quando è stata esclusa ha mantenuto la maggioranza dei consensi. Sul piano della rappresentanza la Fiom non ha perso niente, anzi è più forte di qualche anno fa e credo che questo elemento abbia pesato”.
Sullo sfondo della trattativa c’è il governo e la sua ripetuta ‘minaccia’ di intervenire con una legge sul salario minimo. “Vedo una diversità tra ciò che dice l’esecutivo e ciò che ha proposto Federmeccanica”, sottolinea l’esponente della Fiom. “Se il governo fa una legge che se ne sbatte di quello che dicono i contratti nazionali e fissa un salario minimo di legge a cinque o sei euro, questo vorrebbe dire un abbassamento generale del salario in Italia”. Sarebbe il completamente del disegno iniziato con il Jobs Act: “Da un lato hanno cancellato lo Statuto dei lavoratori, dall'altro hanno ridotto gli ammortizzatori sociali. Bisogna ricordarselo e su questo punto bisogna aprire una battaglia: non è vero che hanno esteso le tutele, le hanno ridotte anche a quelli che già ce li avevano”.
Il caso Fiat dimostra che senza il contratto nazionale i salari sono più bassi
Quanto alla ex Fiat, non fa parte della trattativa perché come noto Marchionne ha abbandonato la Confindustria. “Non credo – è il suo giudizio – che Fca in questa fase sia interessata a rientrare, mi pare che abbia altri problemi e che abbia fatto la tipica scelta delle multinazionali: senza vincoli e con un sindacato molto ‘aziendale’. Ma il caso Fiat dimostra che senza il contratto nazionale i salari sono più bassi”.
Non solo il contratto. L’altra battaglia (“storica” la definisce Landini) è quella della Cgil per “riconquistare non semplicemente lo Statuto dei lavoratori, ma uno Statuto per tutte le forme di lavoro, compreso il lavoro autonomo, superando una competizione che si è determinata in questi anni. La campagna straordinaria di consultazione, per quello che ci riguarda coinciderà con il fatto che si va nelle fabbriche a spiegare cosa succede al tavolo contrattuale; le due cose non sono separate. Facciamo del 2016 l'anno dei diritti e della riconquista dei diritti per chi lavora”. (mm)